Psicologia (cognitiva, sociale…), tra storia e visione personale

Argomentazioni attorno a temi di:

Psicologia sociale

Psicologia cognitiva

Storia e visione personale

Considerando le due anime storiche della Psicologia, da una parte la Fisiologia e dall’altra la Filosofia, potremmo con buona approssimazione affermare che questa disciplina non sempre, o non per tutti o, almeno, non per tutte le sue branche, sia definibile; pertanto riteniamo che non sarà mai sanato il conflitto e il dibattito circa la sua vera natura.

Esaminando brevemente le grandi tappe (di cui ci prefiggiamo, in seguito, di presentare qualche panoramica meno sintetica) della sua breve storia (meno di due secoli, forse 150 anni: dalle origini con lo Strutturalismo di Wilhelm Wundt e il Funzionalismo di William James, attraverso la Gestalt di Wertheimer, Kohler e Kofka, la Riflessologia di Pavlov, la Scuola Storico-Culturale russa, principalmente ad opera di Vygotski e poi di Lurija, il Campo di Kurt Lewin (con il quale, sostanzialmente, nasce la Psicologia Sociale), l’Epistemologia Genetica di Jean Piaget (da cui, dicono fonti più accreditate di me, sia nata la Psicologia dell’Età Evolutiva),  per andare poi a quei due teoreticamente opposti paradigmi quali il Comportamentismo, di Watson e Skinner (con i loro labirinti, forse, non solo di laboratorio), e la Psicoanalisi, Freudiana e dei suoi grandi figli eretici, per tornare poi al Cognitivismo e alle tendenze degli ultimi quaranta-cinquant’anni; da queste nobili e articolate origini, dicevamo, questa bella e affascinante disciplina ha consolidato e sviluppato la sua massa critica di concetti, teorie e pratiche. Ci si può interrogare quanto si sia avvicinata ad una modellizzazione oggettiva dell’uomo, della sua natura, della psiche (realtà, in alcune scuole, anche negata come oggetto scientifico) o, più semplicemente, della coscienza. Quest’ultima, in molti ambiti psicologici, può apparire il problema centrale della Psicologia, (analogamente al fenomeno della vita, osservato ed esplicitato per cause naturali chimico-fisiche dai Biologi) mentre in altri ambiti, o secondo altre correnti di pensiero, può venire anche negato (cfr. le teorie Stimolo-Risposta, o SR, del Comportamentismo classico).

Abbozzato, a grandi linee, il range di interessi e paradigmi teorici di questa disciplina, possiamo ritornare alle relazioni con le discipline genitrici della Psicologia: da una parte si è confermato il profondo legame, bio-neurologico, con la Fisiologia (si pensi alle relativamente recenti scoperte dei Neuroni a Specchio che hanno permesso nuove teorizzazioni sul concetto di Intersoggettività); dall’altra, oso dire, si è confermato l’anelito, confessato da Kant con la sua definizione di Metafisica, di aspirazione inappagata della natura umana verso un campo di indagine non scientifico. E qui, la Psicoanalisi di Sigmund Freud prima, già comunque scienziato del Positivismo, ma soprattutto la Psicologia Analitica di Karl Gustav Jung, hanno trovato terreno estremamente fecondo.

Tant’è che l’epistemologo Sir Karl Popper, pur definendosi insieme a Sir John Eccles un Dualista Interazionista [cfr. L’Io e il su cervello, Armando Editore, 1980] bollò la Psicoanalisi tutta, comprese quindi le sue molteplici e differenziate ramificazioni storiche e culturali, come “Non Scientifica” in quanto non falsificabile.

Sempre nel contesto freudiano, mi sembra essenziale citare Erich Fromm, definito da molti come il più grande dei post-freudiani. Egli, provenendo da un indirizzo eminentemente filosofico, sulla base di tre pilastri quali la Psicoanalisi, il Marxismo e l’Ebraismo [citare FONTE, testo di Fromm], si poneva, tra le altre cose, il problema di formulare un modello economico-sociale che consentisse all’uomo moderno di fare, scientificamente, fronte ai problemi contemporanei.

Bene, ciò nonostante, memori degli insegnamenti kantiani, come già anticipato per altre aree, cercheremo di trattare nel modo più sobrio e coerente possibile tali argomentazioni, a mio personale avviso sempre in bilico tra Scienza, Arte, Letteratura e, senz’altro, la vecchia kantiana Metafisica.

Ma d’altro canto, senza voler incorrere in fantasie prive di senso, chiedo: chi è certo che la Scienza esatta esaurisca il reale? [NB: anche Umberto Eco, nel suo quinto romanzo La misteriosa fiamma della regina Loana, si poneva tale domanda]

[1° edizione, 14 febbraio 2007, aggiornata al 3 novembre 2022]

 

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