La percezione: aspetti neurologici, linguistici, artistici

Pablo Picasso, Ritratto di Gertrude Stein

Quando si parla di Percezione Categoriale vera e propria, si va a indagare un aspetto della percezione riguardante direttamente la relazione (interfaccia) fra Percezione e Memoria.

Le basi neurologiche risiedono probabilmente in ciò che Luiz Pessoa e Ralph Adolphs indicano nelle loro ricerche secondo le quali il «nostro sistema percettivo, attraverso la connessione tra la via ventrale e le aree prefrontali, riesce a essere molto rapido ed efficiente nell’elaborare e categorizzare anche scene naturali complesse (…) negli ultimi anni sono state individuate molteplici vie visive che non coinvolgono stazioni intermedie, e che rapidamente e parallelamente contribuiscono all’elaborazione delle informazioni» [Massimo Turatto (ed.), Psicologia generale, Mondadori Education, 2018, p.416]

In quest’ottica si inquadra anche la modifica della teoria del relativismo linguistico che Il linguista Whorf  (ipotesi di Whorf-Sapir) aveva proposto negli anni ’60, secondo la quale i membri di un gruppo culturale percepirebbero il mondo in accordo con le categorie linguistiche possedute dalla loro cultura (esempio tipico dell’effetto del linguaggio sulla percezione sarebbero le decine e decine di nomi con cui gli esquimesi indicavano o indicherebbero le varie forme e i vari stati della neve.) I suddetti fenomeni di riconoscimento (percezione categoriale o interfacciamento della memoria e della percezione) comportano che la mente passi da una codifica continua dello stimolo a una rappresentazione discreta dell’informazione. In tal modo, attraverso l’esperienza, verrebbero a crearsi categorie percettive in grado di modificare, almeno in parte, il modo di apparire di alcuni oggetti.

Francoise Gilot e Pablo Picasso, in una celebre foto

È proprio quest’ultima affermazione che, oltre a “spiegare” meglio l’ipotesi di Whorf-Sapir, sarebbe anche alla base della percezione estetica di tanta arte astratta del ‘900, dell’informale o, in precedenza, del cubismo picassiano e della sua evoluzione. Infatti quando pubblico e critici dicevano a Picasso “Ma tale ritratto non somiglia alla modella che ha posato!” lui rispondeva “Non importa: le somiglierà in seguito!”. È plausibile che, implicitamente, il grande artista intendesse che gli osservatori stessi, pubblico e critica, successivamente avrebbero appreso a estrarre, dal suo ritratto, quegli elementi percettivi e morfologici che erano comuni e coerenti con la modella che aveva posato nella sua opera.

Pablo Picasso, Ritratto di Francoise Gilot, 1946

[Fabio Sommella, febbraio 2022]

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