Leggendo sui FORUM di Psicologia Cognitiva alcuni contributi inerenti alla forward e bacward causation, mi è tornato in mente un’autorevole e preziosa raccolta di testi di Gregory Bateson (affascinante figura di antropologo-psichiatra-scienziato a tutto tondo), tra cui quello attorno al “Doppio Vincolo”. In merito a esso, qualche anno fa, avevo redatto gli appunti che seguono: mi appaiono concernere keywords quali “mente, sindrome, emozione”; buona lettura, ma ovviamente consiglio di reperire il testo originale, meritevole di essere esplorato a più riprese e da più punti di vista!
Il doppio vincolo
[Concetti estratti da Fabio Sommella da “Gregory Bateson: Verso un’ecologia della mente, Adelphi – 1986 (Doppio vincolo, 1969), pagine 293-302”]
La mente non contiene né oggetti né eventi ma contiene soltanto trasformate, percezioni, immagini unitamente a certe regole per generare trasformate, percezioni e immagini. Non sappiamo sotto quale forma esistano queste regole ma possiamo presumere che esse siano incorporate nel medesimo meccanismo che dà origine alle trasformate.
Il mondo esplicativo della sostanza non può richiamarsi né a differenze né a idee ma richiama solamente forze e urti; viceversa il mondo della forma e della comunicazione non si richiama a oggetti, forze e urti ma soltanto a differenze e a idee.
Il “doppio vincolo” è una teoria che ipotizza la presenza di una componente, originatasi con l’esperienza della persona, determinante i sintomi tanto di una sindrome come la schizofrenia, quanto di altri e apparentemente diversi, seppure sostanzialmente affini, modelli comportamentali quali sono la vis comica, la sensibilità artistica e/o poetica, ecc. . Deve essere sottolineato che, di fatto, la teoria non distingue tra questi sottogeneri, nel senso che non abbiamo a che fare con una sindrome specifica bensì con una famiglia di sindromi la cui maggior parte, tradizionalmente, non sono da intendersi necessariamente patologiche.
Per questa famiglia di sindromi, Gregory Bateson ha coniato il termine “transcontestuale”.
Un tratto comune esiste tra coloro che sono dotati di qualità transcontestuali e coloro che sono viceversa afflitti da confusioni transcontestuali. Ciò nel senso, e a significare, che esperienze esterne possono essere inquadrate nel contesto di un sogno e, viceversa, pensieri interni possono essere proiettati in contesti del mondo esterno; e, una spiegazione di tutto ciò (per quanto possa apparire strano o bislacco), va ricercata nell’apprendimento e nell’esperienza.
Tralasciando le argomentazioni strettamente genetiche, che demanda ai genetisti, con estremo interesse Bateson cerca di focalizzare l’attenzione sulle, e chiarire quali siano le, componenti di un processo transcontestuale fornite da un doppio vincolo.
Tutti i sistemi biologici sono suscettibili di cambiamenti adattativi (risposta, apprendimento, successione ecologica, evoluzione biologica e/o culturale…) i quali dipendono da anelli di reazione, che implicano tentativi ed errori e un necessario meccanismo di confronto; la conseguenza è che, questi cambiamenti adattativi, devono avere la caratteristica di essere gerarchici.
Mediante la sovrapposizione e interconnessione di molti anelli di reazione, noi, come tutti i sistemi biologici, risolviamo problemi specifici e apprendiamo abitudini che applichiamo alla soluzione di classi di problemi: apprendiamo ad apprendere; ciò è quello che Bateson denomina deutero-apprendimento [NdR: e noi meta-apprendimento]
Le abitudini [NdR: da intendersi anche come “automatismi appresi”] sono rigide e questa qualità è una inevitabile conseguenza della posizione che esse occupano nella gerarchia dell’adattamento: non si riesamina o non si riscopre la premessa di un’abitudine ogni volta che della medesima abitudine ci si serve.
Termini come “amore” o “dipendenza” sono descrizioni, codificate tramite parole, di strutture immanenti nella combinazione di messaggi scambiati.
Talvolta è salutare ricordarci che siamo mammiferi!
L’oggetto della teoria del doppio vincolo è il tessuto di contesti e di messaggi che propongono un contesto ma che hanno significato solo grazie al contesto stesso (come del resto tutti i messaggi). Tutto ciò può essere validamente illustrato dall’analogia botanica di Wolfgang Goethe il quale osservò che, nell’anatomia delle piante da fiore, si riscontra una sintassi o grammatica dove, in definitiva, la natura formale, o comunicazionale, di ciascun organo viene determinata dalla sua posizione contestuale, ovvero dal contesto in cui esso si presenta [NdR: matematicamente leggi: lemma] e dal contesto che esso determina per le altre parti [NdR: matematicamente leggi: corollario].
Riprendendo il concetto della componente di esperienza dei grovigli, che si originano nelle regole e premesse dell’abitudine, si deve adesso andare oltre tale concetto affermando che le lacerazioni percepite, nell’ambito della struttura contestuale, in effetti sono doppi vincoli che, in definitiva, promuovono sindromi transcontestuali.
Esaminando i risultati di esperimenti focalizzati sulle forme di apprendimento, manifestate da mammiferi (nel caso specifico: le focene), si possono in definitiva evidenziare due fondamentali aspetti relativi a una sindrome transcontestuale:
- nell’ambito di un rapporto importante con un mammifero [NdR: ‘interlocutore’], ponendo un mammifero in condizioni di sbagliare relativamente alle regole che conferiscono significato a tale rapporto, in quest’ultimo mammifero (quello oggetto del test) si può indurre un acuto senso di sofferenza e di disagio, in definitiva uno stato patologico o di marcata frustrazione;
- l’esperienza complessiva può tuttavia favorire la creatività, quest’ultima da intendersi come superamento o rielaborazione dello stato patologico o di frustrazione, purché si sia in grado di respingere o resistere al medesimo stato patologico.
[Fabio Sommella, ottobre 2015]
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