Psicologia e Organizzazione del Lavoro

In merito al contributo della psicologia nell’ambito della teoria dell’organizzazione del lavoro, riporto qui alcuni – a mio avviso fondamentali – appunti delle lezioni del compianto professor Dario Romano [1937-2010].  I medesimi, come indicato in coda al presente scritto, sono estratti dalle videolezioni del Corso di Psicologia del Lavoro  della UNINETTTUNO (UTIU).

Gruppo e approcci dinamici

R. Bion (1961): riconobbe le due seguenti identità dinamiche:

  • gruppo di lavoro (compito, cooperazione, strumenti razionali)
  • gruppo di base, come archetipo, forma di socialità antica e primitiva (vissuti profondi e dinamiche affettive); gli archetipi sono scritti dentro la nostra coscienza, o meglio nel nostro inconscio.Il Research Cente r of Group Dynamics di K. Lewin (MIT, 1946) e la nascita del T-group

Pertanto il gruppo di lavoro deve essere inteso come intreccio tra il compito e i vissuti profondi.

Dal gruppo alla psico-sociologia

Psicosociologia (E. Jaques, 1955; Renzo Carli, 1981) dal gruppo all’organizzazione:

  • azione trasformativa (razionale, orientata allo scopo)
  • dinamica affettiva (“irrazionale”, fine a se stessa); istituzioni, proto-relazioni che plasmano all’origine la nostra socialità e che ci portiamo dietro sempre anche nella vita adulta quando si lavora; Quando si studia un’organizzazione si deve sempre tenere presente che, accanto al versante razionale, c’è sempre un versante affettivo che, ove non sia noto e gestito, potrebbe anche disturbare il suo funzionamento razionale. (équesto un contributo della psicologia dinamica)

Risvolti per la psicologia: gli agenti manifestano sovente condotte “devianti”, non funzionali rispetto al campo d’azione presidiato dall’organizzazione tale scarto è indotto dai fattori sociali presenti nella nostra interazione (fare) con gli altri fattori sociali che favoriscono regressivamente vissuti e comportamenti improntati dalle proto-relazioni infantili

Le suddette proto-relazioni, condotte altre, sono quelle legate alle forme primitive della nostra socialità, ad esempio al rapporto madre-bambino o al rapporto del bambino coi suoi genitori; esse, le proto-relazioni, trasferiscono i nostri vissuti arcaici e infantili nel nostro modo di rapportarci con gli altri anche nella vita adulta e nella vita lavorativa. Esse non sono funzionali rispetto al compito propriamente trasformativo. Rappresentano la forma originaria e arcaica della nostra socialità da cui traspare l’esperienza ontogenetica a personale ma anche l’esperienza di specie..

[Fonte: prof. Dario Romano, videolezioni del Corso di Psicologia del Lavoro  della UNINETTTUNO (UTIU)]