Il processo emozionale – Tra psicologia, biologia e società: un altro processo adattivo

Diversamente da quanto ritenuto fino a qualche decennio fa, numerose sono le evidenze, tanto neuro-anatomiche quanto funzionali, di come le emozioni non possano essere più considerate un’area “minore” nell’ambito della psicologia cognitiva o addirittura “estranea” a molti altri processi cognitivi. Ad esempio è ormai riconosciuto che:

  • nell’elaborazione emozionale hanno un fondamentale ruolo le connessioni bidirezionali tra il nucleo mediale del pulvinar (talamo) e molteplici regioni cerebrali (ad esempio la corteccia orbitofrontale, la corteccia parietale, l’insula) [Turatto, Massimo. PSICOLOGIA GENERALE – Edizione digitale (Italian Edition) (p. 416). MONDADORI EDUCATION. Kindle Edition];
  • la psicologia delle emozioni, all’interno di un approccio multidisciplinare comprendente la psicologia dei processi cognitivi, la psicologia delle differenze individuali e le neuroscienze, ricopre un ruolo di rilievo per comprendere e studiare la memoria prospettica [ Maria Antonella Brandimonte, La Memoria prospettica, Videolezioni UniNettuno]

Ormai consolidato il fondamentale ruolo delle emozioni nella modulazione dei processi cognitivi, le medesime possono essere collocate lungo una sorta di gradiente: emozioni, stati d’animo, stress, stati affettivi.

Caratterizzate da durata di pochi secondi, pur se di elevata intensità, le emozioni si distinguono dagli stati d’animo o mood, i quali durano minuti o ore ma con basse intensità; ancora, si distinguono dallo stress, condizione consistente in una serie di intense modificazioni a livello soggettivo – vegetativo e neuroendocrino – il quale presenta una durata temporale ancor più estesa, da mesi ad anni. A loro volta – emozioni, stati d’animo, e stress – sono pure diversi dai tratti affettivi, ancor più stabili e che spesso accompagnano una persona per l’intera vita.

Già negli anni ’60 Herbert Simon – psicologo, economista e informatico – considerava le emozioni come segnali di controllo in grado d’interrompere le attività in corso riordinando le priorità del soggetto. Le emozioni, tra le altre cose, generano un processo di valutazione (appraisal) che avviene in tempi brevi di 100-200 millisecondi. Potenziali corticali evento-relati, con attivazione dei circuiti motivazionali cortico-limbici, forniscono risposte precoci dell’elaborazione dello stimolo (Codispoti-Ferrari, 2018) comportando modifiche rapide e automatiche nella reattività dei muscoli del volto.

In merito alla rilevanza della muscolatura del volto nelle risposte emozionali, va ricordato che gli anatomisti comparati (Alfred Romer, Anatomia comparata dei vertebrati) affermano che la muscolatura del volto raggiunge il massimo dello sviluppo proprio nella specie umana, ponendo ciò in relazione all’espressività delle emozioni nell’uomo.

In merito viceversa alle funzionalità, negli anni ’80 Ulf Dimberg osservò che nei processi di valutazione, in relazione allo stimolo, si contraggono in modo rapido (400-500 ms) e involontario i muscoli corrugatore e zigomatico.

Quindi, in definitiva, sia a livello anatomico che funzionale, si concorda che l’attività dei muscoli facciali riflette processi automatici di valutazione dello stimolo emozionale.

Rilevanti ancora oggi, nella filiera storica degli studi sulle emozioni, appaiono però le teorizzazioni di Richard Lazarus (1922-2002) secondo il quale le emozioni non compaiono in maniera casuale e improvvisa ma sono l’esito di come percepiamo e valutiamo le condizioni ambientali rispetto al nostro benessere.

Richard Lazarus

Lazarus, negli anni ’90, propone la modellizzazione delle emozioni come sindromi, sintomi che si manifestano insieme, in modo tale che nessuno di questi “sintomi”, considerato singolarmente, risulta essenziale per la diagnosi. Da qui discende la strutturata formalizzazione di Lazarus delle emozioni come pluri-stratificazione di processi psicologico-cognitivi pure notevolmente diversi. Sono coinvolti, a più livelli e in relazioni bidirezionali, la personalità, la situazione, processi di stima-valutazione (il già citato appraisal), azioni e tendenza alle azioni, esperienze, fisiologia, focalizzazioni sui problemi e sul loro superamento (coping). I fenomeni pertinenti all’emozione hanno una natura eminentemente socio-comunitaria che Lazarus (1991) inquadra, saggiamente, nella più ampia e interdisciplinare Teoria dei Sistemi.

Qualora fosse necessario, la commistione di aree cognitive nel processo emozionale, in questo caso con i processi motivazionali, è ulteriormente attestata da Nico Frijda (1927-2015) quando afferma che, all’origine della risposta emozionale ci sono processi cognitivi inconsapevoli di valutazione del significato dell’evento in quanto, dietro a ogni emozione, c’è sempre una motivazione.

All’appraisal, valutazione dell’emozione, son state attribuite sempre più dettagliate dimensioni da studiosi quali Scherer e Roseman che hanno messo a punto paradigmi sperimentali per manipolare i processi di valutazione misurando esperienze soggettive, risposte espressivo-comportamentali e risposte fisiologiche. Su quasi tutto ciò si sorvola volutamente riscontrandovi limiti di frammentarietà e mancanza di una pur desiderata visione integrata e organica.

Anche per Joseph LeDoux, 2017, analogamente a James Russell (già critico verso i famosi modelli espressivi delle emozioni di Paul Ekman), l’esperienza emozionale soggettiva non è il prodotto di circuiti neurali sottocorticali (vale a dire: l’esperienza emozionale non è il “banale retaggio” del “cervello del mammifero primitivo”) ma è il risultato di processi corticali d’integrazione, soprattutto da parte della corteccia prefrontale, quindi coinvolgenti i processi cognitivi. D’altronde – senza rischio di banalizzare – anche l’esperienza comune ci aiuta in tal senso se si pensa semplicemente che un bambino di meno di un anno che “gattona” in cima a un terrazzo privo di parapetto non avrebbe paura in quanto non avrebbe “cognizione” del pericolo; viceversa un adulto costretto in una situazione simile.

Un rapido sguardo ai substrati fisiologici delle emozioni ci indica che il sistema nervoso centrale ovviamente elabora, tra le altre cose, anche le informazioni emozionali. Quando uno stato emozionale spiacevole e intenso si prolunga nel tempo – chiamasi ciò, come già detto, stress – si hanno ovviamente risposte viscerali e risposte somatiche ma, oltre a queste, si scatenano modificazioni neuroendocrine attraverso il  coinvolgimento dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (in inglese, allostatic load). La corticale del surrene, in particolare, produce il cortisolo, ormone acceleratore del metabolismo che migliora la reattività anche all’evento emozionale; il cortisolo, insieme all’adrenalina, secreta dalla midollare del surrene, coopera inoltre al consolidamento delle informazioni in memoria. Malgrado ciò, se l’allostatic load – lo stato di stress intenso – si ripete in maniera ininterrotta e l’organismo non riesce ad auto-regolarsi – ovvero non si adatta o non mette in atto un’inibizione a tale risposta – l’elevato livello di cortisolo può causare molteplici conseguenze negative sull’organismo, giungendo così all’allostatic over-load tra cui l’immunodepressione (alterazione della risposta immunitaria che diviene insufficiente) nel combattere virus e tumori (McEwen, 2016).

In definitiva, analogamente a molte altri processi psicologici o biologici, anche l’Emozione, riprendendo la modellizzazione di Lazarus (1991), «non è un accidente di percorso ma una risposta articolata che ha la funzione di aiutare l’organismo a fronteggiare con successo situazioni “di crisi”»; ovvero, relativamente alle crisi dell’esistenza, le emozioni ricoprono speranze di successo  omeostatico e posseggono un eminente valore adattivo per i viventi.

[Fabio Sommella, marzo 2022]

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