Mi sento solo, come ai miei dieci anni, o giù di lì. Allora erano le estati. Mio fratello era già fuori. Io ero in casa con mia madre. La finestra della stanza aperta (era estate!) Io, seduto sulla poltrona, quella di fianco al mobil letto. Mi rivedo: sto leggendo – ormai ho imparato, e non faccio più “tsktsk…”, come quando più piccolo guardavo le figure dei Topolini, fingendo di leggere quasi in codice Morse – sì; sto leggendo dei Tex, quelli a strisce da cinquanta lire, col cartoncino più spesso sul lato sinistro… come dire? “Rilegati”, e non con le crappette sempre sul lato sinistro, perché quelli erano i fascicoletti da trenta lire, di appena qualche anno prima.
Quindi sto leggendo Tex: è l’avventura importante contro Mefisto… sì, certo, contro Mefisto ce ne sono state già due, forse tre: ma questa è quando Mefisto si allea poi con il Baron Samedi e un gigantesco nero – di nome Dambo? – in Florida, a Tampa… insomma, stabilisce un’alleanza con un folle, scappato da un manicomio – ne abbiamo, adesso, anche qui, tra i personaggi pubblici? – e decide di sollevare la nazione Nera. Ci sono una miriade di neri, coperti da pelli di leopardo, che si muovono sinuosi e insidiosi lungo le acque della Savana dove, dice uno dei titoli, corre il Terrore. E loro due – Mefisto e Samedi – vivono in un castello di stampo medievale, nel cuore della Savana, da cui con un potente organo a canne, nei momenti di crisi mentale (!?!) di entrambi, o forse solo di uno di loro, s’irradiano tetre musiche in tutto lo sterminato aere circostante, in quel territorio, tra gli alberi, tra gli arbusti, fra i torrenti, i rivi, le vegetazioni, fino ai cieli della Florida.
Galep e Bonelli, sicuramente, diedero del loro meglio in quella sontuosa avventura che occupò, se non sbaglio, tra i quindici e i venti fascicoli da cinquanta lire.
Naturalmente Tex e Kit Carson – forse anche Kit Willer e Tiger Jack – sono chiamati ad affiancare le autorità militari del posto per sgominare la pericolosa congrega criminale di Mefisto, Samedi e compagnia.
Mi sento solo – adesso – come allora: allora ero su quella poltrona, a leggere queste storie, colorite, colorate seppure bianco e nero – era il ’68 – e trascorrevo le mattine attendendo chissà cosa: mio padre dal lavoro? Mio fratello dal mare? Il mio mare? Il trasferimento nella nuova casa, fuori, ai Castelli? – Romani, non Medievali! – Che tornasse ottobre? La crescita? Nuovi amici?
Intanto fuori era il Maggio, o era appena passato. File infinite di giovani variopinti popolavano le strade di Roma, in una promessa di protesta, d’amore, di gioia. Io avevo appena compiuto la Prima Comunione, insieme ai miei amici e amiche di Scuola da cinque sei anni – amici dai tempi dell’Asilo – che però non avrei più rivisto, perché, di lì a breve, avremmo cambiato casa, zona, quartiere. Quindi: nuovi amici, nuove scuole, nuove zone.
E cantavano le canzoni del tempo…
Mi sento solo – adesso – come allora. In ferie dall’annoso lavoro aziendale – cerco di riscattarmi facendo tante altre cose – mio figlio fuori all’UNI e poi, in serata, ai cinema-teatro di Roma – l’Adriano? Memorie di Beatles… – mia moglie, ormai, via da quel dì… i nuovi amori, lontani tutti… i cari amici, sentiti, spesso, ma non bastano, non riempiono, non saturano… guardo all’arco degli anni, dei decenni – tanti, troppi – trascorsi e… allibisco. Un cuore, una mente, da eterno ragazzo e un corpo e un’anagrafica – come ha detto stamane un carissimo amico per entrambi noi – da gerontocomio… inciampi in anomali scalini di bus-navetta, urti contro reti stradali invisibili ai tuoi occhi, ti scontri (!?!) contro pali stradali alla sera… passino pure i dislivelli o i marciapiedi non visti… ma che è?
E sembra allora che non sia passato poi tanto tempo… o che tutto il tempo passato, insieme ai suoi tanti eventi, ai trenta, quaranta, cinquanta anni – siano così… relativi, fatui, inutili – eh, certo, no, non del tutto, è? – sommari, tenui, scomparsi, imprevedibili, invisibili…
Così ti adagi in una nuova sorta di poltrona: attendi l’estate? Il mare? Tuo figlio? Un qualche recondito evento che ti faccia sentire… sentire vivo?
Nel frattempo ti raccomandi a Tex e ai suoi fedeli pards: non sparate, non sparate con l’artiglieria pesante: Mefisto e Samedi e Dambo sono anch’io, perché siamo tutti dei buoni amici, in definitiva… e, quello che corre sulla Savana, non è Terrore… è solo Vita!
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