Politica, Società, Ovvie Verità, Farmacologia – 1° approfondimento

Contemplando l’infinito – 1993

Un – curioso? Ma no, forse neanche – parallelismo fra:

  • le ovvie verità, le osservazioni dei fatti nude e crude, da cui i Soloni della Storia e del Quotidiano hanno preteso e pretendono di estrapolare terapie politiche contro i cancri sociali
  • e i farmaci chemioterapici, che gli oncologi pretendono (?) impiegare per guarire (??) dai cancri cellulari.

Entrambi sono o rilevazioni parziali, o molecole che agiscono in modo parziale. La realtà dei fenomeni e dei processi, in una società globale o in un organismo vivente, é decisamente complessa. Essa è una rete di relazioni semplici, se prese singolarmente, ma che diviene intricata – appunto complessa – nell’insieme, tale da richiedere un approccio sistemicoolistico – in entrambi i contesti. Pena, in caso contrario, sono i fallimenti degli approcci fondati su visioni parziali, riduzioniste, punto-punto, incomplete.

Inoltre il tutto si complica ulteriormente – come la Storia si ostina a insegnare inascoltata – quando i sistemi in questione presi in considerazione non sono elementari servomeccanismi cibernetici artificiali ma sistemi cibernetici naturali, forse (???) più complessi, quali quelli omeostatici, nervosi, di coscienza, della psiche, tali da esser resi ancor più mutevoli dai fattori umani, dalla natura umana, cangevole e instabile nel tempo per definizione, diversificata dalle culture collettive e personali, dalle proprie storie.

Erich Fromm – in Avere o Essere, mi pare – sosteneva che finché le migliori menti si volgeranno solo allo studio della natura o della tecnica dimenticando i sistemi sociali, non ci saranno speranze per reali miglioramenti nelle relazioni umane.

Affermava il poeta brasiliano Vinicius De Moraes che la vita è l’arte dell’incontro; che ciò sia valido e vero anche per la politica? Per le scienze sociali? Per l’oncologia? Che tutte queste – e molte altre discipline pertinenti all’uomo – vadano rilette e agite non in base ai vigenti principi – che appaiono di costrizione o disperazione – bensì di incontro? Che la poesia di Vinicius lanci un implicito e latente ponte alle scienze sociali di Fromm? A un approccio non unicamente chemioterapico bensì sistemico all’organismo in cui si è sviluppata la cellula cancerosa?

C’è chi non ne dubita. Forse sono i medesimi che hanno chiamato questo approccio con i termini di amore, empatia, orientamento all’altro, apertura verso il diverso da noi, verso lo straniero, verso colui che non ha alcun contatto con noi, approccio transculturale.

[Fabio Sommella, 18 gennaio 2020]

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)

Una biografia profonda e avvincente

L’illuminante intervista a Gianni Amelio

Probabilmente Gianni Amelio è uno dei pochi registi in grado di “fare” un film “biografico” – ma profondo, non epidermico – su un tale personaggio della storia recente senza annoiare ma avvincendo, emozionare senza commuovere, richiamare e toccare la visione socio-politica di ciascuno spettatore senza lederla, merito certo dell’attore protagonista ma anche del modo di dirigere e girare del regista de Il ladro di bambini e de Lamerica.

Lode, ancora, a Gianni Amelio, di cui la seguente intervista completa e illumina ulteriormente la visione del film. Buona visione a chi vorrà vederlo.

https://www.youtube.com/watch?v=HV6wv7Cl2tQ

[Fabio Sommella, 17 gennaio 2020]

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)

Elena Vannimartini intervista Fabio Sommella sul libro Quel ventennio al femminile

Nei giorni di fine novembre 2019, l’Autrice Sognatrice Elena Vannimartini ha intervistato Fabio Sommella in merito al suo libro Quel ventennio al femminile, testo di critica filmica disponibile, sia in formato cartacep che in formato ebook/kindle, sulla sua vetrina AMAZON.

L’autore parla di  cosa è questo libro, come è stato concepito, il contesto storico-sociale di riferimento, da dove parte e dove arriva, non escludendo nessi anche con l’oggi.

Grazie all’amica Elena e, facendo clic qui o sull’immagine sottostante, buona visione a tutti.

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)

 

Malgrado il rumore, pensiamo, parliamo e scriviamo

L’arte di tacere, scritto nella Francia del secolo XVIII dall’Abate Dinouart, manifesta la retorica d’un ecclesiastico nel corso del Secolo dei Lumi; proprio lui che, per insegnare a tacere (dice), scrive su tutto: cerca di mantenere le staticità sociali a sfavore dei cambiamenti e delle dinamiche, si direbbe a favore dell’Ascription piuttosto che dell’Achievement (eterne dialettiche?).

Dinouart mostra il rimpianto della tradizione e della religione, demandando le scelte fondamentali a quest’ultima e ai principi del suo secolo.

Un novello Savonarola? Un ante-litteram miliziano del fuoco del Ray Bradbury di Fahrenheit 451? Conservatore come Il Gattopardo? No: Dinouart, seppure qualche briciolo di verità sul cattivo scrivere sa anche indicarla, è completamente reazionario e può essere inquadrato soltanto nel suo contesto storico-sociale come oppositore dell’Illuminismo.

Vero: oggi – e, in proporzione, certamente anche al tempo di Dinouart – c’è tanto rumore; lo ha scritto di recente anche Giulio Ferroni nel suo Dopo la fine. Ma la sua (di Dinouart) è una soluzione che vuole solo zittire in favore di religione e presunta morale, anticipando purtroppo tante altre soluzioni similari; cavalchi lui, la propria tigre.

Noi, viceversa, preferiamo con onestà ragionare e scrivere, pur a rischio di sbagliare (siamo aperti al confronto), pur nel rumore assordante che ci circonda: perché il tacere é buono solo se diviene scelta autonoma, senza infingimenti o celate violenze culturali, quelle operate da sofisti di tutte le epoche, più o meno camuffati.

[Fabio Sommella, 7 agosto 2019]

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)