Il discorso di Isak Jacobi (Erland Josephson) ad Alexander circa la sorgente, la montagna, la nube… le lacrime

A riguardo, nel febbraio 2024, sono stato intervistato da Valentina Innocenti per conto della NewsLetter di CINEHEART. Purtroppo, probabilmente a causa di disguidi redazionali, l’intervista è uscita distorcendo la forma e talvolta anche il significato del mio discorso.

Mi fa quindi piacere rendere pubbliche le mie effettive parole e i significati che io leggo in queste sequenze del film. Le potete leggere qui (le mie risposte all’intervista di Valentina Innocenti:).

INSEGNANDO, RI-SCOPRIAMO

L’ atto d’ amore di Fabio Sommella, critico della Settima Arte e nostro appassionato corsista.

 V.I. Per la sua complessità, il cinema di Ingmar Bergman è spesso ritenuto “fruibile” per lo più ad esperti del settore. Convinti, invece, che la Bellezza Artistica non ammetta selezioni ed esclusioni, ri-proponiamo una delle maggiori opere del maestro svedese con e grazie a Fabio Sommella.

F.S. Nel 1982 Bergman voleva regalare al mondo il suo testamento artistico, Fanny e Alexander, summa delle tematiche affrontate in oltre trent’anni di produzione filmica. Attraverso una vicenda di matrice fortemente autobiografica, lo sguardo di due bambini scorre impietosamente sul mondo dei grandi, scoprendo la vita e il dolore. Così si snodano interrogativi religiosi, le annunciate eredità della memoria, le criticità dei rapporti familiari. Come in altre opere del Maestro, il filo rosso si rivela essere il mondo del Teatro, la lanterna magica di Bergman che, insieme agli incantesimi dell’infanzia, racchiude luci e ombre nonché il senso di ogni umana vicenda.

 V.I. L’opera, pluripremiata e pietra miliare della Storia del Cinema, e’ stata oggetto di uno scempio, dettato da esigenze meramente commerciali.

F.S. Fanny e Alexander era stato concepito per la messa in onda televisiva diviso in puntate con una durata di oltre cinque ore. La commercializzazione per il cinema e per l’home video la ridusse a una versione di poco più di tre ore, operando tagli che hanno escluso sequenze memorabili, fondamentali per la compiuta comprensione dell’opera e il suo pieno godimento estetico. Nel 2001 RAI TRE, in due nottate, propose la versione integrale. Con i mezzi tecnici di allora, registrando su due VHS, poi con altre operazioni, sono riuscito a recuperare la versione integrale.

F.S. A mio avviso qui è l’acme del film. Anche se la qualità della riproduzione è scarsa per quanto ho detto sopra, non si può non avvertire la profondità dell’intenso monologo di questa sequenza. La luce delle fiamme balugina sul volto dell’anziano personaggio mentre ai nipoti acquisiti, nel loro primo momento di quiete dopo le vessazioni subite ad opera del padrino, rivela il senso della vita attraverso il racconto della sorgente, della montagna, della nuvola che origina dalle lacrime della millenaria disperazione umana. Ciò ha una straordinaria potenza espressiva che consegna questo film alla storia della cinematografia mondiale.

Se invece non siete interessati all’intervista, continuate pure a leggere il  seguito di questa pagina.

In merito a Fanny e Alexander

Uno dei più bei monologhi della storia del cinema è certamente quello che, nel sontuoso ma al contempo intimista Fanny e Alexander (1982) di Ingmar Bergman, il personaggio del vecchio rabbino Isak – interpretato da Erland Josephson – rivolge, traducendo un testo ebraico, ai nipoti acquisiti Fanny e Alexander, dopo che li ha salvati dalle vessazioni psicologiche e fisiche del padrino, “sua eccellenza” il vescovo Vergérus.

Qui di seguito riporto dapprima questo testo, a mio avviso di rara bellezza poetica e simbolica; poi una registrazione, di pessima qualità in termini di risoluzione visiva, ma indicativa della grandezza della sequenza.

Questa sequenza è presente soltanto nella edizione integrale del film, quella di quasi sei (6) ore, in quanto l’edizione cinematografica, commercializzata anche sui DVD, è di poco più di tre (3) ore. Pertanto quest’ultima risulta mancante di molte sequenze fondamentali della seconda parte di questo capolavoro di Ingmar Bergman.

La registrazione in questione è stata ottenuta da una serie di passaggi e trasferimenti.

Nel 2001 RAI TRE, in due serate diverse, a tarda notte (ore 2 circa), trasmise la prima e seconda parte di Fanny e Alexander. In quell’occasione programmai la registrazione delle due parti del film su due distinti nastri VHS. Naturalmente queste erano corredate di parti superflue non inerenti al film ma alla trasmissione TV (il prima e il dopo, pubblicità).

In anni recenti ho fatto trasferire su DVD le registrazioni di cui sopra, epurandole delle parti superflue. Purtroppo ne ha patito la qualità dei video, che hanno acquisito tuttavia un aspetto vagamente vintage, da cineteca d’epoca.

Per ottenere, infine, la suddetta sequenza del monologo di Isak… ho registrato un video di circa sette (7) minuti dal video del PC sul mio smartphone!  😅

Ma andiamo con ordine.

Testo della sequenza, che culmina con il monologo dello zio Isak

 ALEXANDER

Che libro è quello?

ISAK

Eh? È un libro di racconti, riflessioni, massime e preghiere. È scritto in ebraico.

FANNY

E tu lo capisci, zio Isak?

ISAK

(Annuendo)

Mmmm… volete che vi legga qualcosa?

FANNY

Sì, grazie.

ALEXANDER

Zio Isak…

ISAK

Sì?

ALEXANDER

Sei proprio sicuro che sua eccellenza non potrà venire a riprenderci?

ISAK

Assolutamente tranquillo.

FANNY

Su leggi.

ISAK

Forse però leggerò un po’ a sbalzi, perché lo devo tradurre.

(Pausa)

Un giovane uomo viaggia per una strada maestra senza fine, insieme a molte altre persone. La strada attraversa una pianura arida e sassosa dove non cresce niente. La fiamma del sole arde dalla mattina alla sera e la gente non riesce a trovare in nessun luogo ombra o frescura. Soffia un vento tormentoso e violento che alza gigantesche nuvole di polvere. Il giovane uomo si sente spinto avanti da un’inquietudine incomprensibile ed è tormentato da una sete ardente.

(Pausa)

A volte si chiede e domanda ai suoi compagni di viaggio quale sia la meta del loro vagare, ma la risposta è molto incerta e dubbiosa. Lui ha dimenticato perché egli stesso si sia messo in cammino. Ha dimenticato la sua patria e la meta ultima del viaggio. Una sera improvvisamente si trova in un bosco. Tutto è immobile nel crepuscolo, si ode appena il fruscio del vento sugli alberi più alti. Si ferma stupefatto ma anche angosciato e in sospetto. È solo e copre che d’improvviso non sente più bene perché le sue orecchie sono infiammate dal riverbero spietato della luce rovente. La bocca e la gola sono disseccate dal lungo peregrinare. Le labbra sanguinano e si stringono aspre intorno alle sue bestemmie e le parole scabre e dure. Per questo non sente il mormorio vicino dell’acqua che scorre. Per questo non nota il riverbero del crepuscolo. Ed eccolo giungere ottenebrato e sordo sull’orlo di una sorgente. Non s’accorge neanche che esiste.

(Pausa)

Come un sonnambulo cerca di avanzare tra gli specchi d’acqua. Mirabile è la sua abilità di muoversi alla cieca in mezzo ai sentieri erbosi di quel luogo così strano. Avanza spinto sempre più dalla sua inquietudine.

(Pausa)
Una notte che sostavano al bivacco si siede accanto a un uomo molto vecchio che racconta a dei bambini storie di boschi e di sorgenti. Allora il giovane ricorda quello che gli è accaduto, ma è un ricordo fievole, indistinto

come in un sogno. Un po’ esitante si rivolge al vecchio e gli chiede con deferenza: «Ma allora da dove viene tutta quest’acqua?» «Viene da una montagna che ha la fronte coperta da un’immensa nube.» «Cos’è quella nube?» chiede il giovane. Il vecchio risponde: «Ognuno di noi porta in sé stesso le speranze, le paure e i desideri. Ognuno di noi grida la sua disperazione o la tiene racchiusa nell’animo suo. Alcuni di noi pregano un determinato dio. Altri rivolgono le loro grida al vuoto. Quella disperazione, quella speranza, quel perenne sogno di liberazione, tutte le grida, tutte le lacrime si raccolgono per mille e mille anni e si condensano in quella nube sterminata che circonda una montagna altissima. Dalla nube ruscella la pioggia giù per la montagna. Così si formano i flussi d’acqua e i fiumi impetuosi che vanno attraverso le grandi foreste. Così si formano le sorgenti dove puoi bere per spegnere la tua sete, dove detergere il tuo volto bruciato dal sole, dove rinfrescare i tuoi piedi feriti. Chiunque ha sentito parlare della montagna, della nuvola, della sorgente, ma quasi tutti si fermano angosciati e stanchi nel bagliore accecante della strada polverosa.» «E perché si fermano?» chiede con gran stupore il giovane. «Veramente non lo so» risponde il vecchio. «Forse si sono messi in mente che raggiungeranno la meta sconosciuta prima che faccia sera.» «Ma qual è questa meta sconosciuta?» chiede il giovane. Il vecchio alza le spalle: «Molto probabilmente non esiste una meta. È un inganno o quantomeno un’illusione. Io per conto mio mi dirigo verso i boschi e le sorgenti. Ci sono stato una volta quando ero giovane e adesso cerco di ritrovare la strada. E devo dire che non è facile.»

La mattina dopo il giovane partì insieme al vecchio per andare in cerca della montagna, della nuvola, della foresta e delle sorgenti scroscianti.

Sequenza

Per una critica del film, rimando ad altra sede.

In definitiva, ricostruire e assemblare – con tutti i vincoli e i limiti tecnici del caso – questi passi di uno dei massimi capolavori filmici, credo sia un atto d’amore verso una grande opera d’arte e un grande autore, atto che travalica le mode e i tempi delle nostre effimere vite e abbraccia la storia dell’arte e la storia dell’umanità.

[Fabio Sommella, 01-03 dicembre 2023]