La motivazione, forza che modifica il comportamento umano – Transizioni di stato, da inerziale a non-inerziale, finalizzate al moto

Gli psicologi cognitivisti, ma certamente non soltanto loro, sostengono che in assenza di motivazione non c’è modifica del comportamento. Banale riprova è che anche nel quotidiano, quando non siamo motivati – o “spinti” – a fare qualcosa, rimaniamo “abulici”.

Se guardiamo all’etimologia della parola “motivazione”, troviamo che essa è ciò che “Dal punto di vista etimologico il termine motivazione deriva dal latino motus, ossia movimento e indica il muoversi di un soggetto verso qualcosa di desiderato. Uno scopo, un obiettivo, a seconda dell’importanza emotiva attribuitagli, permette di affrontare con forza e grinta una specifica fatica o rinuncia.” [Da https://www.metodo-ongaro.com/blog/motivazione-vuol-dire-movimento]

Guardando ad altre scienze, è inevitabile comparare la motivazione, in psicologia, a ciò che, in fisica/meccanica/dinamica, è la forza/accelerazione. Tanto la motivazione che la forza sono entità che permettono al sistema di pertinenza – in psicologia questo è l’animale o la persona di cui si vuole studiare il comportamento, in fisica è un oggetto, ad esempio un ascensore – di transitare da uno stato a un altro.

In biologia e in psicologia, in condizioni fisiologiche, al termine dell’azione motivante (la ricerca del cibo da parte di un animale che ha fame), l’animale sazio si acqueta e magari si addormenta. In fisica/meccanica/dinamica si parlerebbe di transizione del sistema “animale” da un iniziale stato inerziale (animale in quiete) a uno stato non inerziale (animale alla ricerca del cibo) e infine a un nuovo stato inerziale (animale sazio che si riposa).

Il Primo Principio della Dinamica (Principio di Inerzia) afferma che, se su un corpo non agiscono forze oppure agisce un sistema di forze in equilibrio, il corpo persevera nel proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme. Esempio tipico è l’ascensore: ferma a un piano del palazzo, se viene “chiamata”, una forza acceleratrice si eserciterà su di lei che transiterà dallo stato inerziale di quiete a uno stato non inerziale di moto accelerato che, dopo un intervallo di tempo, diverrà stato inerziale di moto rettilineo uniforme (costante) per un intervallo di tempo; ciò finché un altro sistema di forze, stavolta frenanti, non la farà transitare di nuovo a uno stato non inerziale di moto decelerato per tornare, infine, al precedente stato inerziale di quiete, seppure a un diverso piano.

Nelle fasi di accelerazione e decelerazione sull’ascensore si esercitano delle forze con risultante non nulla; analogamente quando un animale è sollecitato da motivazioni (la fame), esso si mette alla ricerca di cibo; viceversa, quando le sue motivazioni terminano (la sazietà), placa la propria azione.

Se il gatto è affamato, la vista del cibo, incentivo, è probabilmente in grado di scatenare nell’animale la spinta sufficiente per farlo alzare e muovere: la spinta come forza, accelerazione.

Componenti fondamentali della forza motivazionale sono il piacere (liking) e il volere (wanting). Quando il liking e il wanting riguardano esperienze non necessariamente consapevoli sono definiti «liking» e «wanting». Gli psicologi distinguono motivazioni fisiologiche, dove il liking e lo wanting non sono dissociati, dalle motivazioni patologiche, in cui liking e wanting sono dissociati e mostrano una qualche forma, meno o più accentuata, di indipendenza, dissociazione appunto.

Riprendendo l’analogia con le scienze fisiche e le forze della meccanica/dinamica, si può affermare che: se nella motivazione fisiologica, il sistema organismo transita da uno stato non inerziale (riposo) a uno stato inerziale (ricerca dell’incentivo, ad esempio il cibo), per poi tornare a uno stato inerziale (la sazietà e quindi il nuovo riposo), nella motivazione patologica, ad esempio nelle tossicodipendenze ma anche – più semplicemente – nell’avidità di oggetti (si pensi, in ambiti sociali opulenti, all’accumulo ininterrotto di beni spesso superflui, inutili o deleteri), l’organismo transita da uno stato inerziale (indipendenza dal desiderio dell’oggetto) a uno stato non inerziale (ricerca compulsiva dell’oggetto) senza tornare però mai (o con estrema difficoltà) a uno stato non inerziale (indipendenza dal desiderio del medesimo) bensì incrementando lo stato non inerziale (aumento della necessità compulsiva dell’oggetto del desiderio): uno scenario in cui, appunto, si accentua sempre più la dissociazione fra liking e wanting.

Allargando questo scenario dalla scala individuale o da quella di un comunque ristretto gruppo sociale a una scala politico-sociale planetaria, la ricerca sulla motivazione – intesa come forza modificatrice del comportamento – ci può condurre a riflessioni significative circa i disequilibri del mondo contemporaneo e della storia. Una di queste è la domanda che nel 1980, pochi giorni prima di morire, si poneva ancora Erich Fromm: “Può un’intera società essere malata?”

https://www.bing.com/videos/search?q=%22Pu%c3%b2+un%27intera+societ%c3%a0+essere+malata%22+Fromm&docid=608046732298821060&mid=463FB8DE4725805C7270463FB8DE4725805C7270&view=detail&FORM=VIRE

[Fabio Sommella, marzo 2022]

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)

Quella pacifica forza che spinge alla fiducia, alla comunicazione e al cambiamento

Era qualche tempo dopo la sua morte: lessi di Massimo che, quando alla sera, lui e i suoi amici Lello ed Enzo – probabilmente insieme ad altri che ruotavano attorno al favoloso trio – tornavano ciascuno alla propria casa, lui dicesse a loro più o meno quanto segue (perlomeno mi piace immaginare, ciò che manca, così): “Dobbiamo essere contenti, fiduciosi, sereni: perché noi, con quanto facciamo nel nostro teatro, nel nostro cabaret, nei nostri spettacoli e  sperimentaziuoni,  apparteniamo a una comunità, a una famiglia di affetti; e abbiamo un senso che trasmettiamo agli altri.”

Oggi, a distanza di tanti anni, per altre vie leggendo la bella intervista che Enrico Ruggeri qualche tempo fa realizzò con Enzo De Caro, mi tornano in mente quelle parole e il significato profondo. Il loro obiettivo non era il successo: “Il successo? l’obiettivo era molto più ambizioso: era comunicare qualcosa.“

Il quel “Comunicare qualcosa”, quei tre favolosi ragazzi di San Giorgio a Cremano, o aree limitrofe – con le loro facce da cherubini, con la loro bonomia, dolce satira intelligente, ilarità, ritmica di scena, ironia, con la loro dimensione surreale, certo provocatoria ma sempre garbata e mai sopra le righe, con la loro ingenuità e leggerezza – con pacifica forza volevano spingere la coscienza del pubblico – più tradizionale e conservatore, se non reazionario – a guardarsi allo specchio e spingersi con fiducia verso il nuovo, financo verso lo straniero rispetto alla propria cultura e radici, ovvero verso la comunicazione e il cambiamento della propria coscienza civile.

Qualcuno chiama ciò cultura e rivoluzione non violenta!

So long,  Massimo.

[Fabio Sommella, 23 dicembre 2019]

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)

 

Lasciarsi andare a una nuova forza? (Ultima la luce di Gaia Manzini)

Ivano è un ingegnere milanese, da qualche anno ormai in pensione, che con il suo lavoro di edilizia stradale ha girato il mondo e adesso sta affrontando la dura elaborazione del lutto, quello per la moglie Sofia con la quale ha condiviso quarantadue anni di vita.

La sua vita è – ed è stata – sempre come stretta all’interno di un triangolo affettivo e relazionale: il fratello Lorenzo, di pochissimi anni minore e da sempre attivo in attività finanziarie controverse, con il quale ha condiviso l’affrancamento da una condizione sociale probabilmente proletaria o al massimo piccolo borghese per accedere, insieme, nella Milano bene o dell’alta borghesia; la moglie Sofia, con trascorsi femministi e attiva operatrice culturale, col tempo tuttavia propensa a indietreggiamenti caratteriali e politici, fino alla malattia terminale; la figlia Anna, oggi trentaseienne, con la quale sia lui che la madre hanno sempre alternato un rapporto di complicità e conflitto.

Attorno a questo nucleo fondamentale si muovono altri personaggi, ora di contorno, ora centrali: l’affascinante cinquantenne Liliana, il fidanzato di Anna e ristoratore Marco.

Tutto il romanzo è la presa di coscienza, da parte di Ivano, della propria vita, dei trascorsi anche oscuri i quali a suo tempo non sono stati visti da lui, o che non ha saputo leggere.

L’autrice Gaia Manzini – già collaboratrice di Nanni Moretti in Mia madre – realizza un romanzo ben fatto, spesso appassionante e vibrante di commozione, avente una struttura sostanzialmente classica, laddove un narratore onnisciente racconta in terza persona, dove regna prevalente il passato remoto e l’elemento narrativo dialogico, condotto in maniera magistrale, predomina. Tuttavia frequenti sono i salti temporali, gli inserti di vita pregressa esplicativi del presente. All’interno di questa struttura, si ritiene che gli assi portanti di tutta la narrazione siano due: l’elemento acquatico e Milano.

L’elemento acquatico è potente metafora del vivere – il lasciarsi andare a un nuovo tipo di forza – che potrebbe essere anche il mare, che predomina nella prima parte esotica e caraibica. Ma più esattamente, con un grande flashback anche giovanile, la metafora è la piscina propriamente detta e ancor più lo stile di nuoto rana (“Le rane conquisteranno il mondo”). All’interno di questa metafora affiora l’alternanza di acqua e luce, luce che deve essere ultima e che, in quanto tale, conferisce il titolo omonimo al libro.

Milano è l’altro grande fil rouge che predomina nella seconda parte con i suoi scorci, le sue vedute, i suoi locali, gli attraversamenti che padre e figlia compiono nell’alternanza dialettica del loro rapporto. È incontrovertibile sentire l’amore dell’autrice per questa città, amore che trasmette anche al lettore, specie se, per motivi vari, il medesimo ha frequentato e in qualche modo amato la metropoli meneghina. Questa fa da sfondo alla storia di Ivano, similmente a una musica che – come esclama a un certo punto il protagonista – ci si augura non termini.

Uscirà un nuovo Ivano, da questa vicenda? Si lascerà, egli, andare alla nuova forza?

 

[Fabio Sommella, 15 settembre 2019]

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)