Cultura umanistica e cultura scientifica: un legame tanto ovvio quanto spesso eluso, anche in un dibattito definibile “carino” ma in parte “deludente”

Riempie d’entusiasmo ricevere per email il cortese invito, da parte di uno dei più prestigiosi enti culturali nazionali (ma non solo), al secondo evento di un ciclo di incontri che si svolgono, da marzo a giugno 2025, presso l’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani.

L’incontro ha per titolo Il legame tra cultura umanistica e scientifica e, come riporta l’email d’invito all’evento, “esplorerà l’interconnessione tra queste due secolari sfere del sapere, spesso considerate distinte ma in realtà profondamente intrecciate. Dalla filosofia alla tecnologia, dalla letteratura alla fisica, il dialogo tra discipline diverse ha dato vita a innovazioni e nuove prospettive sul mondo. Attraverso interventi di esperti, si rifletterà su come superare la tradizionale dicotomia tra scienze e humanities, promuovendo un approccio integrato alla conoscenza”.

Interessantissimo!

L’occasione mi appare particolarmente ghiotta, penso, considerando infatti che proprio pochi giorni prima ho scritto un pur sommario articolo, che verte sui Livelli della Conoscenza, dove cerco d’inquadrare il rapporto fra Istruzione e Cultura, che a mio avviso transita lungo un gradiente, attraversando fasi intermedie identificabili con l’Erudizione e con l’Indottrinamento o la Sapienza, in tal senso sbirciando in qualche modo e misura proprio il rapporto fra le due culture, su cui aveva scritto Charles Percy Snow, quella umanistica e scientifica, di cui personalmente rammento un antico e critico discorso della Docente di Lettere negli ultimi anni di liceo.

L’incontro, fissato per il pomeriggio del 17 aprile 2025, è tenuto da ospiti di rilievo, tra cui Paolo Vineis, Professore ordinario di Epidemiologia Ambientale presso l’Imperial College di Londra, Monica de Virgiliis,  Presidente di Snam, e Enrico Alleva, noto etologo, Direttore Centro di Riferimento per le Scienze Comportamentali e la Salute Mentale – CE SCIC nell’Istituto Superiore di Sanità, Roma.  Questi relatori “porteranno una visione originale e complementare, arricchendo il dibattito sulla connessione tra questi due mondi.”

È così che, come altra volta, relativamente a limitrofa tematica, anche giovedì 17 aprile 2025 alle ore 17.00 raggiungo la Biblioteca dell’Istituto della Enciclopedia Italiana nella sontuosa sede storica di Palazzo Mattei di Paganica, Piazza della Enciclopedia Italiana, 4, in Roma.

Sono naturalmente emozionato di entrare in una location così austera. Chiedo ad una cortese addetta all’evento se posso scattare delle foto. Con garbo mi viene risposto di sì e, quindi, scatto le tre foto che allego a questo mio scritto.

Gli interventi dei tre autorevoli relatori, preceduti da una breve presentazione e poi da una prolusione del Direttore dell’Istituto, necessarie premesse che inquadrano il contesto dell’evento, si svolgono nell’arco di poco più di un’ora e un quarto. i loro contenuti sono molto tecnici, ognuno abbastanza pertinente alle aree di specializzazione specifiche dei relatori. Ciascuno di loro, nel corso delle proprie argomentazioni, lambisce la cultura umanistica, testimoniando quanto essa sia stata e sia rilevante nel proprio lavoro e studio. Ma, purtroppo, devo dire che nessuno di loro ne approfondisce l’eventuale profonda influenza su quella scientifica o anche crea ponti significativi o nessi di rilievo tra la propria disciplina di competenza, tecnico-scientifica, e la cultura umanistica.

Ovvero: al di là dello specifico – indubbiamente coinvolgente, di per sé – ambìto disciplinare di ciascun relatore, è assente, per un evento che si fregia di denominarsi Il legame tra cultura umanistica e scientifica, il necessario approccio filosofico che cerchi di determinare, pur in linea generale, le forme della conoscenza e della cultura, tanto scientifica quanto umanistica.

Riporto, solo a titolo di cronaca e senza alcuna pretesa critica sui contenuti, alcune mie annotazioni, necessariamente sommarie, che ho estrapolato (forse anche travisando) dai contesti tecnici specifici, viceversa articolati e doverosamente illustrati dai relatori, aspetti che tuttavia hanno suscitato il mio interesse e che quindi ho raccolto nel corso dei tre interventi:

  1. Causalità a Rete e Distale, anziché Lineare e Prossimale.
  2. 40 di milioni di visualizzazioni in 4 mesi in Francia su 4 notizie fake generate da AI russa. –> Nullìus in verba
  3. Taiwan: teoria olistica sull’informazione
  4. Echo Chamber Effect, quando ci si rafforza dicendo reciprocamente le medesime tesi
  5. Cross-Pollination, termine biologico citato come sinonimo di Contaminazione
  6. Veglia responsiva vs Stato vegetativo (in alcune scuole di pensiero neurologiche)

Al termine degli interventi – ragionando io, purtroppo, circa come nel secolo XXI sia ancora vigente la distinzione tra due culture – dentro di me, mi son sentito di definire carino tutto il dibattito a cui avevo appena assistito. Ma ero cosciente che, almeno in parte, ne ero stato deluso. Ciò di sicuro non per l’indubbio prestigio dei tre autorevoli relatori quanto, più verosimilmente, per l’impianto stesso dell’evento.

Mi chiedevo infatti dove fosse stata esplorata, all’interno del dibattito a cui avevo appena assistito, “l’interconnessione tra queste due secolari sfere del sapere”? Le pur gustose argomentazioni scientifiche, nel corso delle quali ciascun relatore ha ribadito il proprio personale coinvolgimento anche nella cultura umanistica, quanto hanno a che vedere, in modo stretto, con il tema ispiratore dell’evento medesimo? Vale a dire, dove è stato mostrato l’atteso dialogo tra scienza e humanitas? Ovvero i rapporti tra discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) e quelle comprendenti Letteratura, Storia, Filosofia, Arti e, in generale, le Scienze Umane?

Ci si sarebbe aspettati infatti – attesa delusa – una qualche digressione, da qualcuno dei relatori intervenuti, sulle Forme della Conoscenza, sull’Epistemologia, sui nessi tra Filosofia e Fisica, tra Filosofia e Matematica, tra Neuroscienze e Psicologie. Viceversa, nulla di ciò è affiorato.

Quando, tra le domande e le considerazioni provenienti dalla platea, personalmente ho provato a fornire un contributo dialettico fra Cultura Scientifica e Cultura Classica con alcuni esempi e riferimenti vari – tra cui uno critico-storico su Snow e le sue due culture, sul saggio di filosofia-naturale di Jacques Monod, sulle epigrafi umanistiche che aprivano i capitoli dei manuali delle tecnologie rdbms (nel caso specifico, il manuale di ORACLE,) negli anni ’90, su alcuni attuali orientamenti culturali (comprendenti anche gruppi Social) del tipo Abolire il liceo classico, sulle plausibili ipotetiche differenti ma complementari formae mentis della conoscenza scientifica sperimentale (empirica e induttiva) e della conoscenza umanistica (anche razionale, deduttiva, intuitiva) – non c’è stato sostanzialmente seguito su tali questioni e nessuno dei presenti ha fornito alcun minimo riscontro.

Senza scomodare John Locke o Immanuel Kant o Umberto Eco, rispetto a quanto era scritto nell’email d’invito all’evento, nel dibattito si è avvertita l’assenza di una Figura di Filosofo, della Scienza e della Conoscenza, che, in qualche modo e misura, si rapportasse alle forme che la conoscenza umana può e sa assumere, le forme in cui essa può esplicarsi e attuarsi, al fine di corroborare la plausibile dialettica o complementarietà tra le due culture, tra i loro diversi metodi e linguaggi che, tuttavia, non si escludono ma, probabilmente, rispondono a un’intima e profonda esigenza umana, esigenza combattuta fra due polarità; molti di noi, ma non tutti, privilegiandone prevalentemente solo una.

Al dì là delle peculiarità dei tre settori specialistici degli autorevoli relatori intervenuti – epidemiologia, tecnologia ed etologia – collegati in lieve misura da personali nessi umanistici, tutto ciò è mancato. E, dalle promesse del programma, nonché dal nome Treccani, ci si attendeva qualcosa di più incisivo e pregnante, in linea con il tema ispiratore e la denominazione dell’evento.

Così, ancora una volta, il legame tra cultura umanistica e cultura scientifica, per alcuni di noi tanto ovvio, è stato eluso. Infatti, mentre guadagnavo l’uscita, un distinto signore sorridendomi ha interloquito con me facendomi notare ciò dicendomi: «.Tuttavia, non hanno risposto alla Sua domanda.» Io, a mia volta sorridendo, ho risposto che mancava l’Umberto Eco della situazione!

Aveva forse ragione Charles Percy Snow? No, certamente no; è sufficiente ricordare le parole di Piero Angela: «La Cultura è una sola, è composta da tante cose, in cui c’è la Letteratura, c’è l’Arte, c’è la Scienza, c’è la Tecnologia, direi c’è anche l’Economia che domina certamente i processi della nostra Società. Noi avremmo bisogno, ed è molto difficile questo, di fare un po’ quello che faceva Leonardo, che era un uomo che al tempo stesso dipingeva, scriveva poesie e anche musiche, ma che era un grande scienziato e tecnologo, era anche un costruttore di macchine. Questo è impossibile oggi per qualsiasi individuo. Quello che è importante non è tanto la divulgazione o la conoscenza di nozioni. Per avere una cultura scientifica non è necessario conoscere la matematica, la fisica e la chimica. L’importante è conoscere il senso di queste cose qui, conoscere i metodi della scienza, le esigenze, le incompatibilità, le interconnessioni – questa è cultura scientifica – e saper agire di conseguenza.»

[Fabio Sommella, 19 aprile 2025]

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)

ISTRUZIONE, ERUDIZIONE, INDOTTRINAMENTO, CULTURA: i 4 livelli della CONOSCENZA

Introduzione

Molto spesso, a riguardo della Conoscenza, nel senso più generale della parola, usiamo i termini elencati nel titolo di questo articolo, o più compiutamente parliamo dell’essere “istruiti” o “eruditi” o “dotti/indottrinati/sapienti” o “colti”.

Senza dubbio, tra questi termini o espressioni, esistono delle profonde differenze, quantitative ma anche qualitative, circa i modi e i livelli di Conoscenza.

Proviamo a vedere più da vicino queste espressioni, facendo le opportune distinzioni, senza ricorrere a criteri canonici, precostituiti, a rigide definizioni da vocabolario. Ovvero: proviamo a formulare definizioni possibilmente corrette, che siano oggettive, ma coerenti con la nostra visione e la nostra esperienza, se necessario estendendole, pur rimanendo vigili e attenti a non scrivere corbellerie.

In definitiva, proviamo ad attribuire a questi termini ed espressioni delle coerenti accezioni, valide nell’uso comune ma anche su un piano teorico, magari fornendo degli esempi indicativi e argomentando variamente attorno ai significati che vi attribuiamo.

L’uso che ne facciamo, consapevolmente o meno, può avere risvolti profondi anche nella vita pratica.

ISTRUZIONE

Livello di conoscenza base, l’Istruzione è sostanzialmente quella che la Scuola tradizionale, che la quasi totalità di noi frequenta o ha frequentato fin dalla più tenera età, dovrebbe permettere di raggiungere, ai più, in alcune materie o discipline professionali.

L’Istruzione dovrebbe permettere a ciascuno che la persegue e vi si cimenta, in una o in tutte le discipline che costituiscono i suoi corsi, di raggiungere un livello di Conoscenza fondamentale, ritenuto necessario dalla Società per svolgere determinate attività, teoriche o pratiche.

Interessante e sintomatico è che siano esistite, ed esistano tuttora, delle separazioni[1] fra Ministero dell’Istruzione, Ministero della Cultura, Ministero dell’Università e Ricerca.

I Livelli della Scuola sono, almeno qui in Italia, notoriamente distinti in Scuola Materna, Primaria, Media Inferiore, Media Superiore, Università. E, man mano che si procede, se si procede, altrettanto notoriamente si raggiunge un livello progressivamente crescente di Istruzione, da un livello primario a uno medio… e così via, in materie eterogenee, in materie professionali e/o specialistiche. Ciò, in un’ottica di società utopisticamente perfetta come una macchina ideale, sarà funzionale, o dovrebbe essere funzionale, al Lavoro che ciascuno di noi espleterà, poi, nella Società.

L’Istruzione è quindi ciò che ci serve a rispondere alle domande specifiche a livello base. Oppure è, o è anche, ciò che ci serve ad adempiere, più o meno bene, delle attività in un ambito lavorativo.

A volte basta poca istruzione, specialistica, per essere una pedina fondamentale in una catena produttiva. Esempio tipico estremo potrebbe essere il personaggio di Charlot in Tempi moderni, di Charlie Chaplin, dove una persona, che finisce per essere alienata, che sa fare una sola cosa, che è “istruita” ad adempiere una sola cosa, è tuttavia un ingranaggio fondamentale in un sistema più ampio, di cui spesso, o quasi sempre, la stessa persona ignora i confini, le logiche, le finalità.

Altro esempio, più recente, è il personaggio interpretato da Gian Maria Volontè in La classe operaia va in paradiso, di Elio Petri, dove un campione di cottimo, “istruito” benissimo affinché anch’egli adempisse velocemente ed efficacemente a determinate operazioni/mansioni, prende infine coscienza del proprio malessere e del più generale e diffuso malessere societario.

Ma si possono fare esempi anche a livelli più alti.

Istruzione a livello di scuola superiore: uno studente che “studia” al fine di superare l’interrogazione, magari ricavando la sufficienza o anche un discreto sette. A fine anno lo studente sarà probabilmente promosso, ma avrà comunque una preparazione appena mediocre, laddove avrà appreso una serie di “nozioni” – negli anni ’70, o giù di lì, nelle scuole si rivolgevano acerrime critiche al “Nozionismo” – quasi a livello automatico, adatte al pronto e immediato uso di quell’anno scolastico, per prendersi un “pezzo di carta” da presentare alla Società, a un’Azienda un domani, quando cercherà un lavoro. Un pezzo di carta che potrà servire anche per… soffiarsi il naso, qualora non abbia a disposizione i fazzoletti!

Istruzione a livello universitario e postuniversitario: pensiamo a un medico che memorizza i concetti della fisiologia o a uno specializzando e anche a uno specializzato che si trincera dietro i rigorosi e “protettivi” protocolli medici, senza la capacità di leggere e interpretare davvero i dati clinici di un paziente in base alla sua storia personale e clinica, alle “possibili” cause di una malattia, la cui comprensione può magari aprire nuovi e inaspettati orizzonti verso la terapia e l’auspicabile guarigione o dismissione del male.

L’Istruzione pertanto – sia a livello primario che a livello più alto – è il “minimo sindacale”, per sua natura limitante, limitata, limitativa, riduttiva nella visione degli orizzonti più ampi e realistici, è “osservare l’ovvio” o l’atteso, in quanto non ci chiede di essere e venire a conoscenza di ciò che è al di là di una parziale e talvolta sommaria visione; ma tuttavia, entro certi limiti, è funzionale a un sistema produttivo e di servizio più ampio che non voglia andare “oltre” la soglia del noto, dell’atteso, del previsto, del banale, della noia, del curabile e dell’incurabile.

ERUDIZIONE

Appena superiore al precedente, il livello dell’Erudizione appartiene a chi, di qualcosa, conosce appena “qualcosa” in più (di chi è “istruito”), ancora su una certa e unica disciplina, tale da manifestare forme di conoscenza talvolta disperse e prive di sistematicità.

Il prototipo dell’erudito, in un certo contesto, è il personaggio manzoniano di Don Ferrante, visionario presunto e fallace conoscitore delle cause della peste del ‘Seicento.

Non è granché essere eruditi, circa una materia o disciplina: significa poco o nulla, significa non saper pensare in modo originale, spesso sbagliando, usando nozioni raccattate qua e là, anche raffazzonate, e pretendendo di possedere risposte prima ancora di essersi poste tutte le domande opportune.

INDOTTRINAMENTO/SAPERE

Indottrinamento, anche definibile Sapere, ha come figura precipua il dotto, l’indottrinato. Questo conosce molto, o quasi tutto, di una disciplina o materia, delle sue complesse e articolate forme di conoscenza; ma non sa uscire fuori di esse.

Lo specialista, anche originale, di qualcosa è il sapiente/dotto/indottrinato che conosce il proprio mestiere, la propria professione e dice “Questo è il mio mestiere”, inorgogliendosi in modo vanesio. Bello come il Re Sole, si sente un dio nel proprio stato/nazione. Ma, fuori di esso… non sa vederne i nessi, reali o eventuali, con altri stati, altre nazioni, altre professioni, altre discipline, con tutto ciò che è al di fuori di quello specifico proprio contesto.

CULTURA

Qualcuno ha detto che la Cultura è ciò che si sa quando si è dimenticato tutto.  Questo è senz’altro vero, anche se la cultura – la conoscenza spontanea e inaspettata – fiorisce ed emerge talvolta in modo sorprendente sotto naturali sollecitazioni. Il colto è colui che, oltre a essere indottrinato in una o più materie specifiche, le sa “collegare”, sa vederne l’articolazione, la trasversalità – across, dicevano qualche tempo fa i profeti dell’approccio sistemico – nell’ambito di un sistema più ampio, che è quello del Mondo, che era quello del Grafo dell’Enciclopedia Einaudi, che oggi è quello di Internet.

Dotato quindi di approccio sistemico, il colto vede, ipotizza, verifica, correla, ricerca meccanismi causa-effetto e monta/smonta nessi, correlazioni e ipotesi di meccanismi causa-effetto.

Esempio di correlazione esistente, ma assenza di meccanismo causa-effetto (studio americano, citato nei contemporanei manuali di psicologia generale): si notò che le morti per annegamento erano positivamente correlate al consumo di frutta e verdura (ovvero: nel periodo di più frequenti morti per annegamento, la popolazione consumava maggiori quantità di frutta e verdura). Si sarebbe potuto – erroneamente – ipotizzare che, coloro che mangiano maggiori quantità di frutta e verdura, per qualche oscuro motivo fossero con maggior frequenza esposti a rischi di annegamento. Questa è , di fatto, una correlazione vera che, tuttavia, non si basa su un’esistente meccanismo causa-effetto in quanto, tanto la maggiore frequenza di bagni, al mare o al lago, quanto il maggior consumo di frutta e verdura, avvengono d’estate. Pertanto, la causa delle maggiori morti per annegamento, è la stagione estiva, in cui oggettivamente la balneazione è ovviamente più frequente.

NB: l’istruito, financo l’erudito, avrebbero banalmente liquidato la questione senza smontare la fallace correlazione; il sapiente, e certamente il colto, non sarebbero caduti nella trappola in quanto avrebbero guardato più a fondo la realtà non immediatamente visibile.

Quello appena citato è uno dei tanti e disparati esempi della flessibile forma-mentis di una persona comunque colta.

Qualcuno disse che la differenza tra Einstein e Marconi stava qui: Marconi era geniale – sapiente – nella sua disciplina, Einstein lo era in tante discipline, quindi colto.

Non si confonda la Cultura con la Tuttologia: la cultura è sapersi porre domande, anche senza saper fornire le risposte, è saper dubitare e lasciare anche questioni aperte; la Tuttologia è pretendere, sempre, di avere e dare risposte, spesso o quasi sempre erronee, fallaci, che partono anche da presupposti sbagliati e questioni mal poste.

Ancora: prima di anelare alle risposte bisogna porre domande coerenti e contestualizzate.

Annotazione a latere

Inadeguato, e anche ridicolo, sarebbe porre l’accento su Erudizione e Sapere/Indottrinamento, come tempo fa era scritto (sorprendendomi) su un sito di riferimento di questi concetti, nei termini secondo cui il primo (Erudizione) sarebbe fondamentalmente d’impronta e matrice Classica, il secondo (Indottrinamento/Sapere) viceversa sarebbe di carattere eminentemente scientifico. Questo distinguo appare fuori tempo, ancora figlio delle “Due Culture” di Snow che purtroppo, seppure in forma e modi diversi, persistono e stanno tornando di moda (come altra melma pseudoculturale) in alcuni ambiti “Culturali”, o pseudo tali.

Viceversa i due concetti dovrebbero essere inquadrati nell’ottica differente enunciata in questo articolo e ribadita nelle conclusioni.

Conclusioni

Dovremmo considerare Istruzione, Erudizione, Indottrinamento/Sapere, Cultura come gradini o tappe di un gradiente, un continuum, ininterrotto – analogamente alla retta dei numeri reali – dove si transita, se si vuole e quando si vuole, lungo tutta una vita.

Il transitare comporta il progressivo muoversi nonché trasformarsi da una dimensione/visione iniziale, puramente epidermica e accidentale, a una dimensione/visione successiva e/o finale, profonda e sostanziale, di fatto irraggiungibile completamente, ma Leibniz sosteneva che non è importante raggiungere l’Infinito quanto, viceversa, tendervi.

Inizialmente, quando siamo molto giovani, ci si mette, quando si può e per non essere sguarniti o svestiti, un abito d’istruzione che ci veste appena, quel tanto che basta per poter comparire in Società, nel Lavoro; dopo, quando siamo avanti con gli anni, tutto il nostro essere è – spesso, ci si augura – visceralmente sempre più vestito e costituito di cultura, caratterizzato e sorretto da una forma mentis che ci permette di vedere e interpretare il Mondo in maniera più consona e vicina alla realtà.

Pena è essere non cittadini del Mondo bensì automi nelle mani di poteri più o meno occulti, siano scolastici, lavorativi, aziendali, societari, nazionali o sovranazionali.

 

[Fabio Sommella, 23 Marzo 2025]

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)

 

[1] https://www.governo.it/it/i-ministeri-0

Istruzione, erudizione, sapere, cultura

Leggo, in rete, distinzioni interessanti ma a volte fuorvianti – o addirittura desuete – sui quattro termini: istruzione, erudizione, sapere, cultura. Pertanto cerco qui di delineare in breve quelli che, a mio avviso, sono i loro rapporti da intendere al meglio in un ambito idoneo di conoscenza.

La distinzione fra Cultura e Istruzione è indicativa delle differenze sostanziali che vigono tra i due termini. In particolare, l’etimologia del primo termine (“dal latino colere=coltivare“) ben rende l’idea dell’intimo processo sottostante. Anche il richiamo al fatto che “L’uomo istruito è colui che possiede maggiori informazioni rispetto alla media degli individui, e spesso queste conoscenze sono di origine scolastica”, appare coerente con il distinguo di fondo che si vuole mettere in evidenza.
Ciò che appare inadeguato è il frequente accento su Erudizione e Sapere nelle accezioni secondo cui il primo termine sarebbe fondamentalmente d’impronta e matrice Classica, il secondo viceversa sarebbe di carattere eminentemente scientifico. Questo distinguo appare fuori dal tempo, obsoleto, ancora figlio delle “Due Culture” che, seppure in forma e modi diversi persistono, in un ambito “Culturale” moderno dovrebbe viceversa essere evitato e inquadrato in un’ottica differente.
Dovremmo “vedere” Istruzione, Erudizione, Sapere e Cultura come gradini o tappe di un gradiente, un continuum, ininterrotto – analogamente alla retta dei numeri reali – dove si transita, se si vuole e quando si vuole, per tutta una vita e il transitare comporta il muoversi nonché trasformarsi da una dimensione/visione iniziale puramente epidermica e accidentale a una dimensione/visione finale – di fatto irraggiungibile (ma Leibniz sosteneva che non è importante raggiungere l’Infinito quanto, viceversa, tendervi) – profonda e sostanziale; ovvero: inizialmente ci si mette indosso un abito d’istruzione che ci veste, poi anche degli indumenti di erudizione, quindi delle forme e sostanze di sapere, infine tutto il nostro essere è e sarà visceralmente costituito di cultura.
Dispiace che molte pagine, pur autorevoli, sulla rete, che dovrebbero avere valore Socratico ovvero Maieutico, siano viceversa concepite secondo un’ottica – al più – nozionistica, vecchio stampo, catechetica, alla San Paolo.
L’Istruzione è fondamentalmente pura memoria di dati, di “nozioni”, tanto detestate nei ’70. Qualcuno ha detto che la Cultura è ciò che si sa quando si è dimenticato tutto.

[Fabio Sommella, 23 settembre 2023]

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)

 

Pretese barriere linguistiche vs contaminazioni culturali

Davvero perplesso, financo offeso, rifletto.

Ormai da tanto tempo – decenni? – non faccio distinzione “nazionale” tra la musica di Puccini e quella di Mozart, la canzone di De André o di Paul Simon, fra il cinema di Fellini o di Bergman, l’attorialità di Totò o di Chaplin… amandoli io tutti, indistintamente, come opere d’arte e produzioni del genio umano, dei figli di questo pianeta.

Viceversa penso, vedo, sento, avverto, percepisco… come, nella coscienza comune e pubblica, il dictat (!?) di quel tal attuale ministro di questo governo pesi al punto da impedire a tanti, pena millantate multe, di pronunciare – in maniera, ad esser generosi, davvero ridicola – termini anglofoni o d’altra lingua “non nazionale”, in nome di non so quale preteso desueto purismo linguistico e culturale, dimenticando – il ministro, il governo, nonché coloro che li hanno votati – che l’interculturalità (leggasi  L’instaurazione e il mantenimento di rapporti culturali come forme di dialogo, di confronto e di reciproco scambio di conoscenze tra paesi o istituzioni o movimenti diversi.) è insita nella vita e nel Mondo Futuro, al di là delle ridicole pretese barriere politiche, specie per chi ha formazione transdisciplinare, lavora con i computer, ha lavorato nell’IT, naviga su internet e studiando, anche l’antropologia culturale, si è sollevato dagli infimi provincialismi di cui è intrisa la loro mente.

Signor ministro, ha mai sentito parlare di Melting Pot?

Una risata vi seppellirà 🤣 

A riguardo, oltre alla simpatica locandina qui sotto (ma gli esempi sono naturalmente molteplici), si veda anche qui e qui.

#ApriteviAlleContaminazioniCulturali
#ApertiAlleContaminazioniCulturali
[Fabio Sommella, 21 maggio 2023]

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)

 

Lo sapevano i poeti ermetici, lo sapevano i pre-classici… lo sanno gli scienziati (Foglie in autunno)

“Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie” è Soldati, una delle liriche più brevi di Giuseppe Ungaretti che, quando era sul fronte, durante la Grande Guerra – insieme, tra gli altri, anche ai miei nonni, entrambi del ’93 (del XIX ) – spinto dalla pressante tematica cosciente della precarietà della vita in quel contingente contesto, probabilmente ispirò questi suoi versi parafrasandoli da quelli di  Mimnermo, noto poeta greco pre-classico, “pessimista”, che era vissuto in Grecia tra il VII e VI secolo a.C.

In seguito, prima e dopo, altri poeti hanno ripreso le medesime tematiche, in varie forme.

Mimnermo scriveva “Siamo come le foglie”, comparando la condizione umana a quella delle fronde degli alberi che, in autunno, si distaccano dai rami e vengono abbandonate dai medesimi, morendo.

La prima volta che lessi questi versi del poeta pre-classico era sul finire dei ’70. Essi erano in epigrafe a un trattato di chimica del professor Luciano Caglioti: I due volti della chimica. Rimasi piacevolmente colpito circa come, un eminente scienziato, portasse a suffragio o a introduzione o a testimonianza delle proprie argomentazioni il testo lirico di un poeta dell’antica Grecia.

Col tempo ho poi imparato, come sosteneva la nostra docente di Letteratura del Liceo, che non esistono “due culture” – e, se esistono, sono solo nella testa di persone intellettualmente pigre – ma esiste un approccio olistico e integrato, di reciproco supporto tra forme di pensiero solo apparentemente disgiunte e diverse. Infatti, qualche anno dopo, scoprii sempre con piacere che i capitoli del trattato di Microbiologia erano preceduti da epigrafi pure “classiche” (che so: i versi delle satire di Giovenale!) o, ancora tempo dopo (anni ’90), i capitoli del manuale del Database di ORACLE 6, della Oracle Corporation, erano anche preceduti da sontuose ed eminenti citazioni letterarie e teatrali: tutto ciò a significare, simbolicamente o di fatto, l’intimo parallelismo e connubio tra le formae mentis scientifico-tecniche e quelle, cosiddette, letterario-umanistiche.

Ieri c’è stato, nuovo e terribile flagello, il terremoto in Turchia e in Siria, con ripercussioni, notevoli e avvertibili, in molte altre aree del continente dell’Eurasia, Nord e Sud. Si contano già migliaia di morti. E allora viene spontaneo un elementare pensiero.

Rescue teams look for survivors under the rubble of a collapsed building after an earthquake in the regime-controlled northern Syrian city of Aleppo on February 6, 2023. – A 7.8-magnitude earthquake hit Turkey and Syria early on February 6, killing hundreds of people as they slept, levelling buildings and sending tremors that were felt as far away as the island of Cyprus, Egypt and Iraq. (Photo by AFP)

In una dimensione – planetaria – ormai così fragile e labile come quella che riguarda tutti i 7 o 8 miliardi di umani che popolano questa briciola infinitesima di frammento d’universo che è la Terra, alcuni di noi continuano a farsi guerra come nei secoli passati? Con armi che, oltre a uccidere, non possono certo far bene ai già precari equilibri del pianeta. Alle sue faglie già estremamente critiche.

SIamo come le foglie sugli alberi autunnali.

E acceleriamo i nostri autunni!

[Fabio Sommella, 06 febbraio 2023]

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)

 

 

Tra Attualità ed Eredità (Culturali): parallelismi nelle Memorie e Coscienze Collettive

In qualità di abbonato, io, a Repubblica Online, leggo la Prima Pagina, in NewsLetter, di Maurizio Molinari e – come da sempre mi accade fin da quando, allora poco più d’un ragazzino, leggevo il Messaggero che mio padre, alla sera, portava a casa – avverto un inevitabile capogiro di fronte alla varietà e all’imponenza, spesso funesta, delle notizie dell’attualità provenienti dal Mondo: “la svolta sull’invio dei carri armati per l’Ucraina”, con “il via libera definitivo della Camera italiana al decreto Ucraina” che “proroga al 31 dicembre 2023 la cessione da parte di Roma di materiali militari a Kiev”; “Il Bollettino degli scienziati atomici” secondo cui la “fine del mondo” è ora “ad appena 90 secondi dalla simbolica mezzanotte che indica il traguardo dei tempi”; la conferma dello “sciopero dei benzinai” per cui gli “impianti di rifornimento carburanti rimarranno per lo più chiusi – compresi i self service – per 48 ore consecutive”; la notizia che nei “giorni caldi della giustizia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella difende la magistratura finita nel mirino del ministro Carlo Nordio”; le “Acque agitate a Roma in Fratelli d’Italia“, per cui la “premier e leader commissaria la federazione cittadina scontrandosi con il suo vecchio mentore”; “la fenomenologia di Salvatore Baiardo”; il racconto de “l’Agnelli americano”, laddove – sottolinea il giornalista – “a vent’anni dalla sua morte, il ricordo di ‘Gianni’ – qui a New York nessuno lo chiama l’Avvocato – sia sempre vivo, affettuoso, nostalgico”; “le candidature per gli Oscar 2023” che “premiano il cinema delle grandi storie.”

Insomma: di fronte all’ampiezza e alla numerosità delle informazioni che ci sovrastano, la mente – il cervello? – non può che vacillare.

Sarà forse per questo che la mia mente, nella congerie di tali e tante notizie, imbocca una strada a latere, quasi in disparte, rifugiandosi – sorta di novello o perenne Elogio della Fuga di Henri Laborit – in una dimensione sovratemporale, di difesa.

Infatti il ventennale della morte di Giovanni Agnelli – il ricordo di ‘Gianni’, citato nella suddetta Prima Pagina – lascia affiorare nella mia memoria la dichiarazione in TV di un intervistato, presso il Lingotto di Torino, all’indomani del decesso dell’Avvocato; proprio in quell’occasione, qualcuno aveva sentenziato: “È morto l’ultimo Principe del Rinascimento!” Oggi non ritrovo la dichiarazione precisa ma solo qualcosa di similare, tra cui quanto riportato qui.

Altrove, viceversa e precisamente qui, trovo una decisa critica, indicata come erronea e fallace, a questa immagine “rinascimentale”, sorta di simbolico e contemporaneo AntiRinascimento.

Ma non è questo il punto, perché – stavolta senz’altro a ragione – mi viene subito in mente la dichiarazione di Nino Manfredi all’indomani della morte di Totò: “È morta l’ultima delle grandi maschere della commedia dell’arte”.

E allora penso a come e a quanto, il nostro comune sentire di persone della Modernità, o Post-Modernità, sia legato e agganciato strettamente – in modo diretto o indiretto, consapevole o inconsapevole, cullandone amorevolmente i criteri e i dettami comparativi – alle memorie storico-culturali: nei casi di Agnelli e Totò rispettivamente il Rinascimento, vero o presunto tale, e la Commedia dell’Arte, probabilmente più aderente alla comparazione proposta; ciò laddove le eredità, culturali, di queste fasi storiche, sebbene lontane e ultrasecolari, pur subliminalmente si dipanano nel tempo, continuandosi, perpetuandosi e giungendo fino alle nostre coscienze.

E infatti penso a quando personalmente, alcuni anni fa, ho ipotizzato un intimo – pur sotterraneo – nesso fra la rappresentazione della donna nella lirica due-trecentesca da una parte e, dall’altra, la rappresentazione della medesima in certa raffinata canzone d’autore.

Se gli esempi del parallelismo, vigente tra forme dell’attualità e forme artistico-culturali storiche, potrebbero essere ulteriori (ma ci fermiamo qui e le tralasciamo, almeno per ora 😊), va altresì rimarcato un semplice fatto: le nostre Coscienze Collettive, di moderni e/o post-moderni uomini del XX e del XXI, sono incontrovertibilmente e  intimamente connesse alle nostre Memorie Collettive Culturali, le prime facendo uso continuo, consapevole o meno, delle seconde.

E questo – a dispetto di ogni capogiro e vacillar della mente di fronte alla varietà e all’imponenza delle notizie dal Mondo, spesso funeste e ignobili – mi fa star inspiegabilmente bene, in qualche modo e misura lenendo il cruccio, il dolore, la paura; relativizzandoli, forse!

[Fabio Sommella, 25 gennaio 2023]

 

Giungla di città, giungla del Mondo – 5 maggio 2022

Dice “Rubano.” E quanti rubano? Quanti hanno da sempre rubato? Rubano i piccoli ladri, i “ladruncoli” – i Soliti Ignoti erano la “mala dal volto umano” – che magari inguaiano qualche povero disgraziato come loro, o qualcuno poco poco più fortunato, che ai loro occhi appare “privilegiato”. Ma rubano quelli a grande livello, su larga scala. Alcune – mica tutte, eh! – grandi organizzazioni, quelle criminali. Alcuni grandi servizi internazionali – multinazionali… ma certo sono pochissime, eh – e poi solo alcuni di quelli che sono in commercio – pochissimi pure loro, certamente.
E poi rubiamo – in qualche misura soltanto, però – noi, noi che abbiamo lavorato per anni in grosse organizzazioni, guadagnandoci le simpatie delle nostre clientele, fiduciosi – o illusi – che quel lavorare sia sempre fonte lecita di guadagno, che lo sarebbe pure se non fosse dettata e diretta da logiche di puro mercato – ohps – nonché da egoismi, apparenze, finzioni, falsità, meschinità, raggiri, bugie, arrivismi, invidie… tutta la vita così, nel grigiore impiegatizio, lontano dai criteri di giustizia, etica, libertà e rispetto.
Sono appena due settimane che mi hanno rubato il portafogli; alla mia donna, il giorno prima, la borsa – per fortuna non c’erano le chiavi di casa – e abbiamo dovuto rifare i vari documenti. L’amministrazione comunale, per le carte d’identità, ti chiede vari mesi: nei pressi del nostro quartiere ci hanno fissato le prenotazioni – malgrado il furto – tra sei mesi! Da morire dal ridere, per non piangere! Forse, dopo PEC di protesta alle istituzioni, riusciamo prima [NdR: confermato, ci siamo riusciti!] Altrimenti come dire: dopo il danno del ladrocinio, la beffa dei disservizi.
Intanto continuano i furti. Una comune amica è stata pure rapinata della borsa, con portafogli, bancomat, smartphone e chiavi di casa; per rientrare nella sua abitazione, dopo circa dieci ore, ha dovuto chiamare i vigili del fuoco, perché anche i fabbri non riuscivano a forzare la porta di casa (“C’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra” [Lucio Dalla]) e i pompieri si son dovuti issare dall’esterno con le loro mega-scale, forzando la finestra del balcone all’ottavo piano. L’hanno derubata in due, mentre era in auto e stava parcheggiando: uno le ha chiesto un’informazione e lei, dal finestrino, ha risposto; l’altro, dalla parte opposta, ha aperto lo sportello e ha sottratto la sua borsa. Dice che lei non si è accorta di nulla. Solo quando doveva scendere si è resa conto, poverina, che le mancavano le sue cose. E dice pure che d’ora in poi, seppure dovesse vedere una persona morente in strada, non si avvicinerà per paura che sia un tranello. Non condivido ma non riesco a darle torto!
Ma, chiedo: non è solo un problema di avidità? A tutti i livelli? Su piccola e su grande scala? OK: il Covid, le multinazionali, la Guerra, la finanza, la povertà, la fame… ma gli altri? Devono essere solo vittime?
Non mi rassegno a vivere così, come le formiche a centellinare le proprie provvigioni per le cattive stagioni, attente all’uscio e allo straniero.
[Fabio Sommella, 05 maggio 2022]

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)

Quella meravigliosa ragnatela invisibile (l’Io e il Football)

Con il Football aveva sempre avuto poco a che fare, lui, da piccolo pingue e miope; erano fatti episodici, ridotti alle scorribande all’ora di ginnastica alle medie o ai pomeriggi estivi nel cortile sotto casa. Però non poteva dimenticare il fulgore di Pelé, l’arte sopraffina di Gianni Rivera, la poesia calcistica di Roberto Baggio: il Football come metafora dell’esistenza.

Non poteva dimenticare, poi, alcuni aforismi: “Il segreto della vita è il dubbio” [Zbigniew Boniek] e poi quello – così semplice ma così umano – di un altro di quel tempo; quando l’intervistatore gli aveva chiesto “Chi vorresti essere?”, quel tale aveva risposto “Quello che di tanto in tanto penso di essere, sempre con molti dubbi!” Quel tale si chiamava Arthur Antunes Coimbra, ma il suo nome d’arte era Zico.

Era persuaso che un meraviglioso Filo – una Ragnatela, ai più invisibile – di Intelligenze e Sensibilità attraversasse il Mondo e le Epoche, contaminando, con le proprie Linfe ancestrali, l’esistenza di ciascuno.

[Fabio Sommella, 24 maggio 2022]

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)

Aveva ragione Soren (Etichette e Annullamenti) – 24 maggio 2022

“Semplici” aree d’interesse quali la letteratura o l’informatica, la biologia o la musica, in cui agiamo in modo naturale,  creativo e professionale, talvolta – spesso? –  diventano “ghetti” in cui vengono cristallizzate le nostre esperienze ed essenze. Ciò avviene in quanto una spontanea – indotta culturalmente? – tendenza  umana, quella di catalogare (che può esser adeguata per la Tassonomia delle Scienze Naturali! 🙂) e incasellare il flusso vitale, ha necessità di relegare in settori circoscritti e sovente angusti le nostre eterogenee spinte a conoscere e a esperire il Mondo. Tutto ciò fondamentalmente avviene privilegiando i Purismi invece delle Contaminazioni culturali. Ne sanno molto, in merito a questo approccio esclusivo che tende a emarginare e a definire recinti ben delimitati, gli Specialisti delle più svariate Organizzazioni.

“Etichettami e mi annullerai”, affermava Soren Kierkegaard.

[Fabio Sommella, 24 maggio 2022]

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)

A partire dal solfeggio (!?!), riflessioni attorno alla musica, alle arti e oltre.

In un interessante post di un amico di FB, che d’ora in poi in questo articolo indicherò in breve come FB friend (nello specifico si tratta di uno dei chitarristi – di eminente formazione classica coniugata a un estro strabiliante – che ammiro maggiormente per il suo virtuosismo e la sua leggerezza esecutiva), trovo quanto segue:

… intervista su Tg3 al Maestro Muti che dà conforto a chi da anni, come me, sostiene la “battaglia” contro ciò che, mal insegnato, distrugge la passione di tanti giovani e li allontana dalla Musica. / Domanda: Qual è il modo migliore per avvicinare i più giovani alla grandiosa tradizione musicale italiana? / Risposta M°: Non deve essere l’afflizione del solfeggio Do- Re Mi – Fa. Quello non serve assolutamente a niente…

Leggendo ciò, metto un cuoricino perché vengo colto da un immediato senso d’approvazione, pur nell’apparente – solo apparente – genericità dell’affermazione. Poi maggiormente mi viene da approvare la successiva precisazione del FB friend:

Il Maestro faceva riferimento al modo affliggente e da supplizio con il quale molti fanno “avvicinare” i giovani alla musica ottenendo, naturalmente, l’effetto contrario. Naturalmente saper solfeggiare o, meglio sarebbe dire, saper dividere e contare è alla base del suonare, ma è certamente un aspetto successivo rispetto all’innamoramento iniziale

Ulteriormente non posso che approvare  questa precisazione che mi conduce a  specificare che “saper dividere e contare è alla base del suonare” ma ancor più del comporre e dello scrivere musica.

Così mi viene da ampliare il discorso, fin qui puramente musicale, alle arti in genere e, se vogliamo, oltre. E lo amplio con un mio post su FB che contiene una mia sentita riflessione, teorica e pratica.

Molteplici formule dogmatiche, unilaterali, vigono ancora in molte forme d’arte che viceversa – come, del resto, la vita – sono opere aperte, vale a dire – semplificando, ovviamente, molto – entità equipaggiate di plurime porte d’accesso.

Talvolta financo la scienza può esser acceduta attraverso percorsi alternativi, meno canonici.

Come dire, tornando all’originaria affermazione del Maestro Muti e alla convinzione (che condivido in pieno) del mio FB friend, che perfino nello studio della musica si possono abbinare rigore, creatività e divertimento.

NdR: nelle immagini presentate in quest’articolo, parte delle copertine dei molteplici testi di teoria musicale che,  nel corso dei decenni, hanno contribuito alla mia formazione, musicale e non solo.

[Fabio Sommella, 22 giugno 2020]

Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY-NC-ND 2.5 IT)