Non voglio (Nella nostra deità)

Non voglio più lamentarmi
di quella stolta solitudine
che ho avvertito serpeggiare
negli abbandoni
e nelle disgrazie,
nelle reminiscenze di percepiti dolori
strazianti
e nei ricordi
d’ansie infantili,
nelle celebrazioni di feste,
obblighi coercitivi,
usanze,
malcelati mali,
nei rituali di disperazione.

Non voglio più aver bisogno
di sfoghi senza senso
che non siano
gettare la maschera,
del lamento
che urta
l’altrui tragicità
e che allontana
separando.

La maschera è lá
senza più paure
e svela un volto nudo
ma fiero:
sfido la morte, l’ignavia (!).

Voglio il rispetto del tuo spazio,
dell’area tua affettiva,
del tuo senso del tragico,
nella fiducia nella nostra follia
e voglia di capire:
nella nostra autonomia.

Nella nostra deità.

[Fabio, 16 novembre 2018]

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