L’amore visto da lontano – Fabio Sommella e i versi di Era – di Cinzia Baldazzi

Ogni volta che mi trovo ad apprezzare una poesia emblematica di stagioni poetiche legate all’amore, subisco la tentazione di voler rintracciare nei versi una logica spazio-temporale esplicativa, del tipo: inizio, fine, pura utopia, intreccio ἔρως-θάνατος, e così via. Non dovrei farlo, ne sono cosciente, poiché mai – soprattutto nella lirica – il sistema generale di elaborazione di un contenuto letterario ha la necessità, tantomeno l’obbligo, di seguire un iter di segni-segnali di matrice strettamente causale, cioè spiegabile.

Dal libro di Fabio ho scelto un solo componimento, intitolato Era. Il registro stilistico si mostra sensibilissimo a un vitalismo appassionato, irruente, spontaneo, sebbene soave, lucido, assai analitico, cadenzato.

I destinatari della poesia sono due: l’interlocutrice a cui Fabio si rivolge, e noi lettori. A entrambi, Fabio fa intravedere un complesso tragico e romantico dell’eros, una tensione sospesa in grado di rivelare la bellezza estrema e specifica di una lacerazione, quella insita nel coniugare il verbo “essere” al tempo imperfetto indicativo. A lato, però, del presente, quando allude al «non pensarmi / ora», e a un futuro utopico, nel suo ignorare le scelte della donna.

I versi stabiliscono subito un rapporto saldo tra amore e natura:

come una bimba

tanto piccola

quasi, tu, fossi indifesa

e di baci ti coprivo il volto

– “viso di primavera” –

Di cosa sta parlando il nostro poeta?

Era il tuo ricordo, indelebile

come una foto, l’ultima sera.

L’oggetto amoroso diventa attuale quanto più scaturisce da lontano e, mentre viene sfiorato, nello stesso momento passa, trascorre. L’amante sa bene come l’appagamento non possa avere una durata illimitata: allora, ecco l’autore intento a recuperare la condizione dell’amore, lo status sentimentale dell’ἔρως, per “agganciarlo” allo scopo di sanare il dolore, l’angoscia. In una simile ricerca, il desiderio erotico trova sublimazione in quello affettivo:

E pensavo a come

t’avessi dato troppo, portandoti ovunque con me

e t’avrei portata oltre,

parlandoti di tutto.

Dal punto di vista semiotico, è una “relazione in alto”, direbbe Umberto Eco, capace di prolungare il livello del funtore semantico complessivo, ovvero dell’elemento in grado di collegare i vari soggetti. Infatti, nella trama tanto articolata del brano affiora anche il tormento di un mondo impenetrabile, o di comunicazioni ineffabili, non riuscite o solo parzialmente:

Mentre tu

parlavi di ferite tue

di quando di senno uscivi

dopo i maltrattamenti – morali solo, spero –

senza pensar alle mie

Tuttavia, lo sconforto perde il proprio carattere umano, perché riesce a essere traslato in un’elegia amorosa mai rassegnata all’inutilità, alla sconfitta.

Il concetto dell’amore messo in luce da Era coincide con il compiersi di un destino in cui la natura conduce il poeta all’amata al di là del mutevole, del transitorio: «“Non voltarmi le spalle”», scrive Sommella riportando gli appelli della donna, «”Dove andrei senza di te”». Si identifica con un input così radicato da resistere al fluire temporale e all’abisso della tristezza:

Era la passione dei tuoi baci,

della dolce fragranza della tua intimità

a darmi la fiducia

e mi esortava a far programmi

di vita.

Il grande poeta bengalese Tagore, nel canto Dono d’amore, scriveva:

L’amore che provo è la mia vita, / che scorre veloce come il fiume / durante le piene dell’autunno, / che scivola in sereno abbandono.

Fabio Sommella, da parte sua, verifica con lucidità l’hic et nunc di un tale abbandono, perché consapevole di quanto non esista ritorno. Pertanto vorrei con voi volgere lo sguardo – in un giorno futuro, pur senza vederlo ancora – al mitico Oriente, dove il cielo risulta già chiaro, ma solo perché è l’antica greca Σελήνη, dei sogni concreti dell’anima, a risplendere incantata.

E, dal momento che partecipiamo tutti insieme a un convivio, concludo citando alcuni versi dell’VIII secolo d.C. L’autore è Li Bai, il poeta cinese più famoso in Occidente:

Mentre canto la luna vaga intorno, / mentre danzo la mia ombra si sparpaglia. / Da sobri stiamo lieti in compagnia, / ebbri, ciascuno va per la sua strada. / Legati da amicizia spassionata, / c’incontreremo nuovamente in cielo.

Io dico, prima di tutto, il cielo della poesia.

[Cinzia Baldazzi, Ottobre 2020]