In memoria di – V01

In sottofondo lo sviluppo per piccola orchestra (2006) di Fabio Sommella del tema Malinconica attesa di Antonino Miserendino. Per disattivare/attivare l’audio, premere il pulsante in alto a destra.

 

Sommario

In memoria di – racconto di Fabio Sommella – 3-10 febbraio 2019

Il preambolo

Il pregresso

Il tema, il compito, te

Lo sviluppo

Il premio

Il volo, l’aeroporto, tu e Lei

La cerimonia

La cena e la simpatia

Ci vedremo

Un tempo per vivere e un tempo per morire

In memoria di…

 

In memoria di – racconto di Fabio Sommella – 3-10 febbraio 2019

Il preambolo

«Lei è di Rrròòma?», ti chiede la cortese voce, al di là della linea telefonica. Arrota magnificamente la “erre” e prolunga in modo quasi indefinito la “o”, aprendola, come solo certe meravigliose inflessioni dialettali sanno fare. Tu rispondi di si. Dopo qualche attimo quella voce, sempre gentile, ti fornisce le informazioni richieste. E si congratula con te, per il tuo quarto posto al concorso. Quindi prendete gli ultimi accordi. Domenica pomeriggio sarai alla cerimonia di premiazione. Per gli uomini è d’obbligo un abito scuro. Quando vi salutate, quella stessa voce ti congeda ancora con simpatia dicendoti: «Vedrà. Se non la conosce già, le piacerà: Palermo è una città molto bella»

Il pregresso

Ti eri iscritto al concorso mesi prima, sul finire dell’autunno. Eri rimasto incuriosito dal tema della Malinconica attesa. Era stata composta da Antonino. Era un giovane talentuoso, tragicamente rapito alla vita un decennio prima, nel fiore dell’età, poco più che ventenne. Tra le altre cose, estroso violinista e compositore. Ma racchiudeva in sé altre indubbie qualità: ad esempio imprenditoriali. Già molto attivo nell’ambiente dello spettacolo, era anche DJ e animatore di eventi. Serbava, e stava germogliando in sé stesso, un ambizioso obiettivo: contribuire al risorgere della sua amata terra siciliana. Però, purtroppo, Muore giovane chi è caro agli dei.

In memoria la sua famiglia – in testa il papà Rosario insieme alla mamma Maria e al fratello Giovanni – aveva istituito un premio musicale. Quella era l’ottava edizione. I partecipanti – secondo le loro corde e sensibilità – dovevano sviluppare il tema della Malinconica attesa. Questo era stato composto – forse improvvisandolo – al piano e registrato da Antonino poco prima del fatale evento. Solo successivamente il brano registrato era stato trascritto, da amici di famiglia, in una partitura per pianoforte.

Il tema, il compito, te

Era già bello di per sé, quel brano. Così come era stato concepito dalla libera e sconfinata ispirazione di Antonino. Il suo tema della Malinconica attesa. Struggente e martellante. Romantico e dissonante. Allegorico e indicativo. Di che cosa? Di una velleità? Di un bisogno? Di un desiderio? Di una speranza? Certo di tutte queste cose e ancora altre. Delle necessità che abbiamo tutti. E che Antonino, artista sublime, traduceva in quei passaggi talvolta volutamente stridenti. E in quelle note, lacerate, di un tema possente. Pur incompleto. Che pertanto era passibile di ulteriori sviluppi. Tanto che il papà Rosario aveva demandato a sconosciuti artisti di svilupparlo a propria discrezione. Per vedere quali implicite e inascoltate possibilità racchiudesse ancora al suo interno, quel tema. Partorito dal genio di Antonino.

A te – ascoltandolo e riascoltandolo, leggendolo, comprendendolo nella struttura armonica, nella linea melodica, nelle variazioni che genera e in quelle che lascia intendere – ti aveva intrigato. E allora ti eri iscritto. Sì: ti eri iscritto al concorso. Ne avevi parlato con Filomena: lei era contenta.

Non era il primo concorso di composizione musicale al quale ti iscrivevi. E, negli anni, avevi riscosso anche qualche piccola gratificazione. Già nella seconda metà dei ’90. Poi due anni fa. In quelle lezioni di orchestrazione. Quando avevi portato il tuo arrangiamento di What a wonderful world e il docente ti aveva lodato. Aveva esclamato: «Si vede che hai studiato contrappunto!» Tu avevi gongolato, perché fino ad allora non lo avevi mai studiato. Puro caso. Pura fortuna. Puro intuito. Eri tornato a casa camminando sospeso in aria. E anche lei era stata felice, per te.

Sviluppare il tema di Malinconica attesa: inebriante.

Iniziasti. Con tutto il rispetto e la delicatezza per Antonino. E per il papà Rosario. E per la famiglia tutta.

Lo sviluppo

Mantenesti la tonalità di la minore. Con quello struggente passaggio in si settima che ti piaceva tanto; e preludeva al mi settimo che risolveva di nuovo nel grado fondamentale. Facesti precedere il tutto da un breve annuncio ritmico, semi-armonico, sorta di rito pagano. Nelle tue corde, apriva alla malinconia dell’attesa.

Arrangiasti il brano per piccola orchestra. Scegliesti una minima varietà di timbri sonori: qualche legno – fiato e oboe – un ottone – tromba – mantenesti il piano nel tema originale. Avevi bisogno di un altro strumento polifonico, per la variazione centrale che avevi in mente. A tale scopo introducesti una chitarra. E poi, certo, gli archi: violino e violoncello.

Desideravi dare l’opportuna forza all’idea originaria di Antonino. Così lasciasti che i fiati coadiuvassero il piano nella prima parte. Questo sarebbe tornato nella coda finale. Insieme naturalmente suonavano gli archi. Ma, nella parte centrale, introducesti la tua variazione tematica. Questo il cuore del tuo sviluppo: modulazione da la minore a la maggiore, con il nuovo tema. Questo voleva stemperare la malinconia dell’impianto. E, sempre nella parte centrale, la tonalità in la maggiore modulava in do maggiore. Ciò per conferire slancio – quasi gaiezza – alla variazione tematica. Infine il secondo tema cedeva di nuovo al tema d’impianto in la minore. E tutti gli elementi della piccola orchestra concorrevano a ribadire il meraviglioso tema iniziale. Nella coda. Fino al climax. Fino alla chiosa.

Questa l’idea. Lo sviluppo. La partitura orchestrale da scrivere. Iniziasti. In genere lavoravi alla sera o al mattino presto. Oppure nel weekend. Una parte tuttavia la completasti in treno, con Filomena vicino. Viaggiavate alla volta di Milano. Nel corso di quei vostri viaggi, non sempre di vacanza. In quelle tre-quattro ore. Al termine ti rivolgesti a Lei, seduta di fronte a te. Le facesti ascoltare il brano, seppure eseguito da minimali strumenti virtuali. Eri soddisfatto del tuo lavoro.

Spedisti il tutto per posta elettronica, qualche giorno dopo. E rimanesti in fiduciosa attesa del responso.

Il premio

Ti giunse l’email. Andasti a leggere. È sempre emozionante conoscere la valutazione di un proprio lavoro.

L’esito ti apparve magico: la tua partitura era stata riconosciuta valida. Era degna di un premio in un concorso di composizione musicale.

Lo dicesti subito a Filomena: lei fu felice. Come e più di te.

Così, a fine maggio, pianificaste un breve viaggio con permanenza a Palermo.

Vostro figlio? No: due giorni soli… troppo strapazzo, per lui. Lo lascerete con la nonna, con gli zii e i cuginetti.

Per voi, per il pernottamento della domenica, prenotaste un albergo in centro. Non distante dal Teatro Massimo e da Piazza Verdi.

Il volo, l’aeroporto, tu e Lei

Da Fiumicino al Falcone e Borsellino di Palermo-Punta Raisi, il viaggio ti pare breve. E poi il treno locale che vi conduce in centro. Dal finestrino, la periferia di Palermo. Cogli sapori. Effluvi. Aromi mediterranei. Rimembranze di terre tunisine. Sempre con lei.

Al caffè dell’aeroporto, una mirabile atmosfera musicale: visioni sonore. Dagli altoparlanti la cantautrice senese canta del tuo amore: ti è «nell’anima»; è in quello «spazio indifeso». E tu con lei ti avverti ancora in viaggio, come in gioventù. Come a Parigi. Come a Sidi-Bou-Said. Malgrado i tuoi quarantotto anni. Perché sei innamorato di lei, ancora, oggi come allora. Oggi come ieri.

E in albergo è sempre bello, come in gioventù. In quella stanza ospitale che affaccia sui tetti d’una Palermo antica. Malgrado la calura. Quasi estiva. Avete il ristoro pomeridiano nella penombra dolce. Nel filtrare dei raggi del sole dalle persiane. E dalle tende, che svolazzano sornione, lievemente socchiuse.

Dopo il riposo, vi preparate. Lei è magnifica, nel suo lungo abito nero. Tu appena meno, ma non sfiguri comunque.

Prima fate in tempo a visitare la cattedrale.

Che bella coppia, ancor giovane! 😊

La cerimonia

Raggiungete la chiesa di San Salvatore, dove si svolge la cerimonia. Tu sei emozionato come un ragazzo a cui debbano consegnare un insperato diploma.

Fate la conoscenza del signor Rosario, della signora Maria e di Giovanni. È la famiglia di Antonino.

Quando il direttore artistico del concorso ti consegna la pergamena con la coppa, quando ti dice: «Complimenti, la sua partitura era molto bella», tu… vai in apnea, poi in compensazione di ossigeno, che affluisce al tuo cervello e ti dà una sconosciuta sensazione di benessere.

Sei contento.

Molto.

Il signor Rosario sorride. È di un garbo e umanità non consueti. Era sua la voce cortese che ti aveva parlato al telefono. La magnifica voce con quella “erre” arrotata, prolungante indefinitamente la “o” aperta. Adesso ti dice che seguirà la cena al ristorante Al 59. Guardi tua moglie: non speravi, non pensavi, non credevi, non ti aspettavi un tale cerimoniale.

La cena e la simpatia

Vi dirigete a Piazza Verdi. Tu con la tua coppa in mano. Che non molli. È il tuo trofeo. Piano piano arrivano tutti. Il proprietario del locale saluta ciascuno. È simpatico e cordiale anch’egli. Vedendoti con quella coppa in mano, si rivolge a te chiedendoti: «Maestro, cosa ha vinto?» Sorridi a tua volta, benevolo. Come un ragazzo. Sei il ragazzo della tua ragazza. Della tua Filomenina. Lei è lì con te.

Fra tutti i presenti incroci lo sguardo della signora Maria. Nei suoi occhi c’è qualcosa di profondo. Cerchi di guardare meglio. E in fondo a quegli occhi scorgi Antonino. Lei ti dice: «Lo sa? Anche il mio Antonino era bravissimo.» Tu le sorridi, comprendendo le parole. Comprendendo quello sguardo materno, al contempo triste e lieto: triste per l’assenza, lieto per la bella commemorazione. Le dici, con tutta la dolcezza che puoi, che lo sai. Che ne sei consapevole, della bravura e del talento del suo Antonino. L’hai compreso dall’ascolto. Dalla partitura. Da quella musica. Da quel tema. Sublime, come anche la sua Breve Sinfonia di una Esistenza.

Vi sedete, poi, tutti. È una lunghissima tavolata, in una splendida cornice. La cena è sontuosa. Oltre che squisita. Te e Filomena siete con persone che non conoscete, ma sono simpaticissime. In tutti serpeggia un senso di benessere. Felicità. Amicizia. Rosario è mecenate e anfitrione. Antonino è nei cuori di ciascuno.

Coronamento, di quelle tante leccornie, sono le paste di mandorle. Filomena ne è ghiotta. E vi fa onore, ancor più di me.

 

Ci vedremo

Vi salutate. Abbracci. Baci. Affetto.

Tu e lei tornate in albergo. Percorrete le strade di una Palermo notturna, che ti appaiono variopinte, tra i pittoreschi caffè. C’è una folla vivace, giovane, allegra, mite.

Che bella la Palermo notturna di fine maggio. È bello addormentarsi dopo una festa così.

Partite. Il giorno dopo. Tu e Filomena. Dopo un’altra escursione palermitana. Al mattino. Piazza della Marina. Sapori. Atmosfere di racconti. Anche di tragedie. Vecchie e recenti.

A Roma, scambi di email con Rosario. «Periodicamente veniamo a Roma. C’incontreremo.» Con Filomena progetti un invito a cena, per Rosario, Maria e Giovanni. Perché avete intenzione che siano vostri ospiti.

Un tempo per vivere e un tempo per morire

Come tante cose, nella vita, un progetto mai avverato. Scivolano via, le situazioni. I possibili eventi. Le intenzioni. Nel tempo.

A Capodanno ricevi un cortese SMS: «Con l’augurio che il nuovo anno porti nuovi successi.» È lui: Rosario. Contraccambi di cuore gli auguri. Lo senti amico. Li senti amici. Lo dici a Filomena. Volete bene a loro tutti.

Un progetto non avverato. Perché, non lo sai. Forse perché trascorrono gli anni. E a un certo punto la tua attenzione è attratta dalla malattia di lei, di Filomena.

Due anni e se ne va, il tuo amore.

Tutto, appare un progetto non avverato. Anche con Rosario. Al di là di scambi fugaci. Al di là dell’amicizia sui Social. Dove un giorno – in maniera sorprendente, per te – apprendi anche di questo altro addio. Lo porti alla coscienza, il significato di quel breve post di Rosario. È di poco tempo prima. Ma chi ha scritto è Maria. Da principio non lo avevi compreso, tu. Perché eri ancora focalizzato sulla tua Lei, che non c’era già più.

Rosario ha dovuto salutare. Come già aveva fatto Filomena.

Scrive bene, Maria: «C’è un tempo per vivere e un tempo per morire».

In memoria di…

Antonino, Filomena, Rosario… nella Malinconica attesa.

FINE

 

[Fabio Sommella, 03-10 febbraio 2019]

 

 

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