I crunch crunch nelle sale cinematografiche, tra abissi di civiltà e vendite di pop corn.

La sala é piombata nel buio da pochi minuti, vi state immergendo nel nuovo film di Francesca Archibugi – da leggere con attenzione, senza ovvietà, è? – e venite disturbati da un’onda d’urto: qualcuno ha fatto vibrare un sedile nella vostra fila alla vostra destra. Va bene, ritardatari, ora smetteranno.

Ma non é così.

Prima un confabulare, quindi la luce d’un telefonino. Sempre da lì. Sempre loro. E proseguono. Ora ci sono due fonti di suono, due fonti d’attenzione: film e quella sgradevole coppia.

Passa un attimo e inizia: é un rumore di carta, cartoni e poi il malefico crunch crunch dei pop corn, scandito da bocca e denti voraci quanto inopportuni e noncuranti di altri, se non di sè stessi.

É il mondo, pensi.

Alla vostra sinistra ci sono posti liberi e vi decentrate un po’, sperando di allontanare quei molesti suoni. Tu ti attappi anche l’orecchio destro, sperando in meglio. Il crunch crunch prosegue. Implacabile e regolare per mezz’ora almeno. Infine cede alla penuria sopraggiunta dei pop corn.

Vittoria? No, vibrazioni e commentini continuano pur sporadici, ma va meglio.

Si accende la luce in sala, per un ormai inconsueto intervallo. Guardate a destra: sono due ragazzette, biondine, quasi carine. Una tiene i piedi sulla poltrona vuota davanti a lei. Tanto che fa? Non c’è nessuno lì. A casa sua farebbe così, o no? Poi si alzano ed escono (torneranno a secondo tempo iniziato, solo con qualche bottiglia ma senza pop corn).

Pensi a tuo padre, che d’istinto le avrebbe prese a schiaffoni, o almeno a male parole. Invece tutti noi presenti non diciamo nulla. “Segno dei tempi?”, pensi pigramente rassegnato. Di una generazione che dovrebbe fare il servizio militare? – Ma chi? – Il servizio civile? – Forse! – Vedere il ripristino dell’educazione civica nelle scuole? L’ingresso dell’antropologia culturale fin dalla scuola primaria? Capire i principi della Costituzione?

Lacrime nella pioggia.

Rammenti che, un’altra volta, autrice di questi misfatti era stata una signora, distinta e attempata. Altre volte persone più giovani, trentenni, quarantenni. E allora pensi che non c’entra l’età, la categoria sociale, gli schiaffoni, la rabbia, le epoche, il luogo… solo la civiltà, la coscienza. E quest’ultima non s’insegna, cantava Stefano Rosso, perché è come un prato incolto dove in mezzo a erbacce crescono fiori luminosi.

“Ogni silenzio, un goal”, faceva recitare Nanni nella sua splendida palombella. E il cinema dovrebbe esser inteso con una sacralità… Fellini realizzò Ginger e Fred contro le febbri da telecomando televisive, in favore del mistero – magico_iniziatico, lo definì lui stesso nell’intervista (mi pare di Walter Veltroni, può essere?) su Il Messagero – d’una sala che piomba nel buio, della solennità d’un libro aperto a pagina uno… invece per molti – giovani ma anche anziani – c’è solo il proprio ego e il proprio rumoroso modo é sempre lecito, anche perché non lo ritengono tale.

“La maleducazione non é un reato”, io e mia moglie ci sentimmo dire da una coppia di legali una volta, giustificando così chiassi condominiali quando c’erano partite di calcio; certo: si tratta di sensibilitá, misura, rispetto e consapevolezza dell’altro, delle alterità…

Ma qui si aprono abissi, distanze a volte incolmabili. Specie dove vendono pop corn.

[Fabio Sommella, 29 settembre 2019]

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