Quel gabbiano blu

Dalla finestra, il sole. Era alto. Abbagliante. Si univa al canto dei gabbiani, lassù. Indicatore dell’inquinamento di Roma? No. Cioè, perlomeno non solo. Perché era evocatore di qualcosa. Spontaneamente. Di quella canzone. Di quella lontana, magnifica, canzone.

Quando era? Estate 1970? ’71? Un Disco-Estate?

Che ne era stato? Di quella canzone quasi nulla. Pressoché dimenticata. Dei cantori del Gabbiano blu – Ermanno ParazziniDiego Peano – ritrovava adesso i riferimenti su wikipedia.

Di sé stesso… restavano le fantasticherie. Attorno a quel gabbiano. Alto, nel cielo.

Suggestioni: come la frusta, quella del trainante di Rocco,  che procedeva “alto sul carro a scacciare le stelle“. Alto nel cielo blu, blu come quel gabbiano. A incontrare Jonathan Livingston. E la gabbianella, amica del gatto di Luis. Tutti insieme. Lissù. A cantare.

Lui li avrebbe accompagnati, facendo coro con gli arpeggi delle sue chitarre.

Tornò al presente, col borbottio della macchinetta del caffé. Lo versò. Si sedette, ringraziando il gabbiano blu.

Decise che anch’egli, quell’oggi, avrebbe dipinto la propria vita con i colori che avrebbe voluto.

[Fabio, 28 dicembre 2018, ringraziando Ermanno Parazzini e  Diego Peano per le evocative ispirazioni]

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