Alieno ibernato controvento assurdo bel paese, villaggio globalizzato

Farad Bastami e Massimo Moraldi sono i due autori del libro Bel paese dei miracoli 1973-2013, edito da Book Sprint nel 2019.

Va innanzitutto segnalato che, se la voce degli autori è essenzialmente aulica, con avvertibili eredità formali classiche, in cui predomina un’ipotassi sempre forbita e ironica, si colgono tuttavia alcuni – pur rari, senz’altro sfuggiti più che espressamente voluti – elementi lessicali non proprio coerenti con questa modalità. Ci si riferisce a espressioni come “mitico” e “del calibro” che si ritiene, almeno in questo contesto, appesantiscano inutilmente il tono della lettura, impoverendolo all’occorrenza. Sono questi dei peccati veniali, piccole cadute di stile, originatisi probabilmente per contaminazione della forma classica con istanze gergali urbane di cui, effettivamente qui, si sarebbe fatto volentieri a meno!

Tuttavia ben altri e di maggior rilievo sono indubbiamente i pregi, innanzitutto per la robusta costruzione narrativa di tutta la vicenda umana sullo sfondo storico, costruzione che rimanda a perenni simbologie esistenziali.

Cerchiamo di vederli in ordine, questi pregi.

I due autori contrassegnano il loro libro con la dicitura Documentario-Romanzo. Agli occhi di chi va scrivendo queste righe, ciò riecheggia quella di Saggio sulla filosofia naturale della biologia, dicitura con cui, alla fine dei ’60 del secolo scorso, Jacques Monod fregiò il proprio libro Il Caso e la Necessità. Monod stesso stigmatizzava ciò aggiungendo che, in tal modo, il suo saggio sarebbe stato visto di cattivo occhio – cosa che non fu – da entrambi gli addetti ai lavori, ovvero tanto dai filosofi quanto dai naturalisti.

Viceversa pensiamo sia il caso del libro di Bastami e Moraldi. Di esso si può e si devono comprendere chiaramente un paio di fatti: il loro documentario-romanzo è un dotto e sarcastico sommario delle maggiori vicende socio-politiche italiane dal 1973 al 2013, connotato da toni necessariamente didascalici del documentario; ma in secondo luogo – principalmente? – esso è la storia di come un alieno, o un ex ibernato, – un nuovo marziano a Roma, per dirla alla Flaiano? – vedrebbe la realtà del 2013 dopo una deprivazione cognitiva di qualche decennio.

In tale ottica, se il documentario predomina nella prima parte, ed è il necessario preambolo – ampio antefatto – di tutto il racconto in cui le premesse esistenziali dei protagonisti della fiction vanno predisponendosi, è nella coda che predomina la vera e propria fiction romanzesca, se vogliamo financo teatrale. Senza fare alcuno spoiler, esaminiamo meglio quest’ultima, tentando di trarne i possibili significati.

La fiction assume subito la fisionomia di provocatoria pochade, laddove un personaggio – miracolato, come d’altronde recita il titolo, ma ignaro dell’accaduto – ha un grottesco dialogo con un’autorità investigativa. Anche quest’ultima è ignara dell’accaduto. Viceversa tutti coloro che potrebbero informarli in merito sono al di fuori della scena, risultano momentaneamente fuori contesto, impossibilitati a portare il loro apporto illuminante. Quando poi questi sopraggiungono, la vicenda acquisisce i connotati dell’incredulità e del teatro dell’assurdo che, dietro al velo dell’apparente ostinata e ostentata razionalità, lasciano emergere l’irrazionalità del vivere, la sua casualità e una mai sopita nostalgia di fede, di un’istanza metafisica che governi le vicende umane. È questo un chiaro riferimento degli autori alla condizione dell’Uomo nella Storia, travalicante la nostra Contemporaneità.

Ma subito dopo, la fisionomia del racconto di Bastami e Moraldi diviene meno indefinita e assume un potente valore simbolico; nel 2013, l’alieno di cui sopra risulta essere l’ex combattente comunista che, in un attimo per lui, dagli anni di piombo viene catapultato nell’Italia berlusconiana e leghista. Egli, ovviamente, non comprende nulla di ciò e appare un pazzo: emblematiche sono le vele controvento della vecchia moneta da cinquecento lire. Echi vari si affacciano alla mente del lettore, dalla morettiana Palombella Rossa al Don Chisciotte di Cervantes.

Sarà proprio questo teatro dell’assurdo, questo essere alieno, questo stare controvento che condurrà al climax in un epilogo struggente. Il cerchio delle vicende socio-politiche e umane si chiuderà in una sorta di nemesi capovolta intrisa di pietà per i personaggi; più verosimilmente, per tutti noi, miracolati protagonisti di questi anni nel nostro Bel Paese. Aggiungiamo: in un villaggio mai abbastanza globalizzato dalla nostra coscienza.

[Fabio Sommella, 30 giugno – 01 luglio 2019]

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